


VIGNA DI VALLE... QUASI TRENT'ANNI DOPO.
Correva l'anno 1987 nel mese di settembre quando, come Direttore del Centro IPMS di Napoli, partecipavo all'ultima Convention IPMS al Museo di Vigna di Valle, in occasione della Festa dell'Aeronautica. In quella circostanza, oltre alla Mostra Concorso di Modellismo Statico che si svolgeva all'interno del Museo, parallelamente si teneva una manifestazione di Modellismo Dinamico nel piazzale antistante il Museo e nella Darsena.
Da allora non c'ero più tornato, nonostante dal 1993 vivessi a Roma... E' stata la nostalgia, dopo tanti anni, a spingermi a rivedere il Sito/Museo sabato 12 settembre 2015, due settimane dopo la fine dei recenti lavori di ristrutturazione.
Il Museo è oggi suddiviso in quattro sezioni. La prima che si incontra è ovviamente l'ingresso, con diverse teche e vetrine che mostrano cimeli del'aeronautica, subito seguito da una sala dedicata alle grandi imprese aeronautiche, con particolare riferimento alla Trasvolata Atlantica del Decennale (dieci anni dalla creazione della Regia Aeronautica) di Italo Balbo del 1933 con destinazione gli Stati Uniti d'America, ricordata in una apposita teca (vedi foto sopra) con 25 riproduzioni in scala degli idrovolanti SIAI Marchetti S.55X. Quella impresa ebbe una risonanza enorme: in ogni città dove ammararono, Balbo e i suoi ricevettero accoglienze trionfali. A Chicago e a New York gli fu dedicata una strada e a Manhattan allestirono per lui una ticker-tape parade, durante la quale furono lanciate grandi quantità di pezzettini di carta dalle finestre dei vicini palazzi, che crearono un trionfale effetto simile alla neve che cade. La Rivista TIME gli dedicò anche una copertina. L'Istituto LUCE ha restaurato di recente il film documentario che fu girato nel 1933 durante la Trasvolata aggiungendo come "colonna sonora" il diario dello stesso Balbo. Chi è interessato può cliccare qui. 


Nelle foto sopra sono mostrati:
- un momento della Ticker Parade a Manhattan in onore di Balbo e dei Trasvolatori Atlantici
- la copertina del Time dedicata a Balbo
- Il SIAI Marchetti S. 55x in volo
Superata la sala commemorativa, si entra nel Primo Padiglione (Hangar Troster), dedicato agli albori dell'aviazione. In esso è conservata la replica del quarto esemplare del velivolo dei Fratelli Wright, il Flyer, con il quale Wilbur Wright stesso addestrò il primo pilota italiano della storia, Mario Calderara. Nell'Hangar, costruito dagli Austriaci come risarcimento dei danni della Prima Guerra Mondiale, sono ospitati altri "pionieri" dell'aria tra i quali il "mitico" SVA da caccia, che fu utilizzato da Gabriele d'Annunzio per il suo raid su Vienna.
Nelle foto a sinistra sono ripresi il Caccia SVA di D'Annunzio e il "mastodontico" (per l'epoca) Caproni da Bombardamento Ca. 3. Nella sala successiva (Hangar Velo) è anche presente la riproduzione della carlinga del Dirigibile Italia, che precipitò sul pack il 25 maggio 1928 durante la sfortunata missione di esplorazione del Polo Nord del Comandante Umberto Nobile e il suo equipaggio.
Dopo l'Hangar Troster si accede all'Hangar Velo dove è ospitato il Campini Caproni a reazione in buona compagnia: Fiat C. 29, Macchi M 39 (vincitore della Coppa Schneider nel 1926), M 67 e il Mc 72, detentore del record di velocità per idrovolanti con motore a pistoni. Completano la collezione tra le due guerre il Fiat CR 32 (esemplare costruito dalla Hispano Suiza e donato all'italia nel 1955), l'IMAM Ro. 37 e Ro. 43, il Fiat CR. 42 e altri.
Dopo l'Hangar Velo si accede all'Hangar Badoni dove si trovano gli aerei che mi interessano maggiormente, per aver (in buona parte) prestato servizio nella R.A. durante il Secondo Conflitto Mondiale. Mi riferisco al Cant Z. 506 "Airone", al SIAI S. 79 "Sparviero" e SIAI S. 82 Marsupiale, ai Macchi Mc. 200 "Saetta", Mc. 202 "Folgore", Mc. 205 "Veltro", al Fieseler Fi. 156, al Fiat G. 55 e altri ancora.
Completa le quattro sezioni l'Hangar Skema, dove sono conservati ed esposti, su due livelli, gli aerei utilizzati dall'Aeronautica Militare Italiana dal Dopoguerra ai giorni nostri (il più moderno jet è il Tornado).
Il primo aereo (quasi) a reazione del mondo.
Nel 1931 l'ingegner Secondo Campini presentò una relazione alla Regia Aeronautica sulle possibilità offerte da un nuovo tipo di motore, nel quale l'aria era prima compressa e poi riscaldata in una camera di combustione. Per effetto di tali azioni combinate, l'aria si sarebbe espansa rapidamente e avrebbe fornito la spinta sufficiente a far volare un aeroplano. La teoria che era dietro lo studio del Campini era quella del Motoreattore, ovvero un motore a getto in cui il compressore è azionato da un motore a pistoni (a combustione interna). Nel più diffuso e moderno Turbogetto, invece, il compressore è azionato da una turbina. Con la tecnologia metallurgica disponibile all'epoca, la realizzazione di una turbina era decisamente più complessa e costosa ma avrebbe offerto prestazioni superiori. L'idea del Campini non era però originale, essendo già stata sperimentata con scarso successo dall'ingegnere rumeno Henri Coandă, che costruì il primo aeroplano a getto per la British Aviation Company nel 1910. Il 16 dicembre di quell'anno Coandă aveva ultimato la macchina e volle provare ad accenderne il motore. Trasportò l'aeroplano in una cittadina a poca distanza da Parigi con l'intenzione di collaudarlo a terra, non essendo ancora pronti né lui né la macchina per volare. Coandă entrò quindi nell'abitacolo e diede contatto; dopo qualche minuto di riscaldamento però, accese anche il motore a getto azionando il compressore, che, grazie alla spinta dell'aria, facendo fumo e fiamme dallo scarico, fece decollare il velivolo. Spaventato dalle fiamme e con la sua sola esperienza di volo su alianti, Coandă perse il controllo e l'aereo cadde e si incendiò, ma lui rimase miracolosamente illeso.

Nella foto a sinistra è mostrato il Coanda 1, il prototipo di aereo costruito nel 1910 dall'omonimo ingegnere rumeno, che subì purtroppo sorte infelice precipitando e distruggendosi al suo primo (e unico) volo.
Convinto di avere maggior fortuna e migliore sorte, l'ingegner Campini fondò una ditta di costruzioni aeronautiche, la VENAR, la quale realizzò nel 1928 un motoreattore che, montato su un motoscafo della Riva, consentì al natante di raggiungere nel 1932 la velocità di 28 nodi. In quella prova, però, Campini riuscì solo a dimostrare che il suo motoreattore poteva avere prestazioni equivalenti a quelle di un convenzionale motore a pistoni, ma questo bastò a persuadere la Regia Aeronautica a stipulare nel 1934 un contratto del valore di 4,5 milioni di lire, corrispondenti a oltre 5 milioni di euro di oggi, per la realizzazione di due velivoli completi (più una fusoliera di prova) da consegnare entro il 1936.
Il Campini con la VENAR non aveva le risorse tecniche e industriali per un simile progetto e si rivolse alla Caproni (Gianni Caproni stesso aveva collaborato alla realizzazione del Coanda 1), alla quale chiese anche un motore Isotta Fraschini (di proprietà della Caproni) V12 Asso XIR per azionare il compressore.
La Direzione Generale delle Costruzioni Aeronautiche (DGCA) pose però il veto a questa richiesta, essendo il motore ancora in fase di sviluppo e costrinse il Campini a "ripiegare" sull'Isotta Fraschini Asso 750, più pesante e ingombrante (stante i suoi 18 cilindri a V contro i 12 dell'XIR).
La sostituzione del motore causò ulteriori ritardi nella sperimentazione e la commessa iniziale non poté essere rispettata. La nuova data di consegna fu spostata al 31 dicembre 1938 e furono stanziati nuovi fondi al progetto. Varie vicissitudini, tra le quali un incidente occorso al collaudatore Mario De Bernardi, che precipitò nella tromba dell'ascensore dell'albergo dove alloggiava subendo la frattura di un tallone e rimanendo immobilizzato in ospedale per diverse settimane, ritardarono ulteriormente lo sviluppo. Si arrivò al marzo del 1940, quando fu reso disponibile un motore in linea da 12 cilindri a V sempre Isotta Fraschini che, essendo ancora diverso da quello richiesto, rese necessarie ulteriori varianti al progetto. Inoltre, si scoprì una grave limitazione del motore in questione, che era incapace di operare a quote superiori ai 4.000 metri, rendendo quindi impossibili i collaudi alle altitudini maggiori, più interessanti per un eventuale impiego bellico.
A guerra ormai iniziata e precisamente nell'agosto del 1940 fu completato il secondo prototipo NC4850 (ma il primo in grado di volare) e il 28 dello stesso mese, ai comandi del colonnello pilota Mario De Bernardi, fu compiuto il primo volo della durata di 10 minuti, decollando dal campo d'aviazione di Taliedo, vicino Milano. Successivamente fu completato anche il primo prototipo NC4849 che volò per la prima volta l'11 aprile 1941. Il volo inaugurale del CC. 2 matricola NC4849 si tenne da Milano Linate a Guidonia, passando per Roma, il 30 novembre 1941 con ai comandi il colonnello De Bernardi e come secondo pilota l'ingegner Giovanni Pedace. Unico carico "utile" fu un sacco postale contenente corrispondenza.
Nelle foto a destra è ripreso il Campini Caproni CC. 2 mentre sorvola il Monumento dedicato a Vittorio Emanuele II a Piazza Venezia (Roma). Dopo quasi un anno e mezzo di guerra, il carburante era merce preziosa e De Bernardi decise di non attivare lo stadio del post bruciatore (a kerosene). L'aereo volò grazie alla sola spinta fornita dal motore a pistoni, come se avesse un'elica intubata, alla modesta velocità media di 217 km/h, come un vecchio biplano.
Nella seconda foto è visibile la fusoliera di test del Campini Caproni, conservata nel Museo della Scenza e della Tecnica di Milano. Nella terza foto, il Campini Caproni è ripreso prima di un collaudo in una foto a colori dell'epoca. Nell'ultima foto, è visibile lo speciale annullo postale della corrispondenza trasportata con il Campini Caproni durante il suo volo da Milano Linate a Guidonia.
Nonostante il Campini Caproni sia stato quindi lodato dalla Federazione Aeronautica internazionale e dalla stampa di allora come il "primo velivolo a reazione del mondo", esso in realtà non lo fu a pieno titolo perché il motore "a reazione" non fu acceso durante il volo inaugurale e quindi nessun osservatore imparziale potè testimoniare il suo funzionamento. Il "primato" spetterebbe poi, in realtà, ai tedeschi, che fecero volare l'Heinkel He 178 il 27 agosto 1939, quindi quasi un anno e mezzo prima del CC. 2, anche se per ovvi motivi tennero segreta la notizia. Ovviamente la propaganda fascista enfatizzò questo primato tecnologico; per chi fosse interessato, può visionare un breve filmato d'epoca su Youtube che presenta il progetto e il volo con Mario De Bernardi ai comandi cliccando qui. Dopo questo "storico" volo, il CC. 2 matricola NC4849 rimase a Guidonia dove ricevette la MM 487 e fu testato ancora in volo dal gennaio alla fine di agosto 1942, mentre l'NC 4850 e la fusoliera per i test rimasero a Taliedo. Le vicissitudini della guerra impedirono ogni altro ulteriore sviluppo e il progetto fu abbandonato, ma è doveroso dire che, anche se fosse stato portato a termine, avrebbe ottenuto risultati molto modesti, paragonabili (e forse inferiori) a un aereo coevo dotato di un moderno (allora) motore a pistoni. L'elevato consumo di carburante (per il motore a pistoni e il post bruciatore) ne avrebbe inoltre limitato sicuramente l'autonomia. L'esemplare MM 487 fu poi gravemente danneggiato da un bombardamento alleato sul Centro Sperimentale di Guidonia nell'ottobre del 1943 e, recuperato dagli inglesi alla fine della guerra, fu trasferito a Farnborough per essere studiato e successivamente demolito. L'esemplare che si trova a Vigna di Valle è quindi il secondo prototipo, incompleto e mancante di tutto l'equipaggiamento di volo (sedili, strumentazione, etc.). La fusoliera di test invece è conservata a Milano, nel Museo della Scienza e della Tecnica (vedi foto sopra).