Lode ai Cechi di buona volontà...
Nella recensione del Reggiane Re 2000 della Legato ho (giustamente) lodato le Ditte di Modellismo Ceche per la loro coraggiosa scelta di (ri)produrre aerei poco noti della Seconda Guerra Mondiale che altri marchi più prestigiosi non avrebbero mai preso in considerazione, stante la modesta diffusione che tali soggetti avrebbero avuto sul mercato. La Special Hobby ha avuto finanche il coraggio di proporre un velivolo della Regia Aeronautica che è rimasto allo stadio di prototipo ed è stato costruito in soli due esemplari o, più correttamente, in un esemplare e mezzo, dato che il secondo non fu completato (e se ne persero letteralmente le tracce dopo l’8 settembre 1943).
La lunga vita del biplano nella Regia Aeronautica.
Davanti alle esaltate vittorie aeree dell’Aviazione Legionaria nella Guerra Civile Spagnola ottenute dal Fiat CR 32, i vertici della Regia Aeronautica giunsero all'errata convinzione che la formula biplana fosse ancora utilizzabile anche nell’eventualità di un conflitto in Europa che vedeva schierate, da una parte, le forze del “Patto d’acciaio” (Germania e Italia) e Francia e Inghilterra dall’altra. Tale convinzione non teneva assolutamente conto di ciò che stava accadendo nelle aviazioni più moderne come la Luftwaffe e la Royal Air Force, dove una nuova generazione di aerei da caccia monoplani, moderni, veloci e ben armati stava rapidamente soppiantando la precedente. D'altra parte, gli scarsi risultati ottenuti dalla formula monoplana (Fiat G 50 e Macchi 200) ritardarono ulteriomente il passaggio, anche a causa dei motori poco potenti di cui la Regia Aeronautica disponeva, che erano essenzialmente i radiali Fiat A. 74 e il Piaggio P.XI. Il primo, derivato da un vecchio motore statunitense della Pratt & Withney, poteva erogare solo 840 cv; il secondo, uno Gnome-Rhone costruito su licenza, arrivava fino a 1.000 cv ma era scarsamente affidabile. Oltre alla linea caccia, la formula biplana era ancora adottata anche nei Reparti di Osservazione e Ricognizione, ma i lenti biplani IMAM Ro 37 e Ro 37 Bis difficilmente avevano scampo se intercettati dalla caccia nemica. Solo nel 1941, quindi dopo un anno di guerra, il Ministero dell’Aeronautica si decise ad emettere una specifica per un nuovo velivolo da impiegare come ricognitore, con caratteristiche di velocità e armamento più moderne rispetto agli obsoleti IMAM. La commessa dello sviluppo di questo aereo fu affidata alla Reggiane, che aveva già sviluppato il Reggiane Re. 2000, un buon caccia maneggevole e veloce ma purtroppo afflitto da due gravi carenze: la mancanza dei serbatoi di carburante autostagnanti, che in caso di combattimento potevano provocare l’incendio del carburante e la scarsa affidabilità del motore Piaggio P. XI. Si partì quindi da una cellula di Re 2000 allargando lo spazio nell’abitacolo e la finestratura per consentire l’alloggiamento del navigatore/osservatore, aumentando la capacità dei serbatoi, adottando un apparecchio ricetrasmittente più affidabile, montando travetti alari per il carico di caduta e incrementando l’armamento. Fu mantenuto il Piaggio come unità motrice nonostante la sua scarsa affidabilità, essendo il motore Fiat di potenza insufficiente per il nuovo velivolo, sicuramente più pesante del suo predecessore a seguito delle aggiunte apportate. Il primo prototipo (e unico completato) prese il volo alla fine di luglio 1941 e, nel mese di dicembre, il Ministero emise un ordine di fornitura per 200 esemplari. Il peggioramento della situazione bellica costrinse il Ministero a dare priorità ai reparti operativi e alla data dell’8 settembre 1943, oltre al primo prototipo volante, per il secondo esemplare dovevano essere ancora completati i collaudi e di conseguenza non lo furono mai. L’unico Re 2003 in grado di volare fu poi impiegato dalla Luftwaffe come aereo da addestramento.
Il Reggiane Re 2003 della Special Hobby
La Ditta ceca aveva già realizzato dal 2003 al 2006 ben tre kit “multi materiale” dedicati al Re 2000: un “Serie I”, un “Serie III” e un “Serie I” con livree estere. Accanto a questi tre kit ha pensato di aggiungere quello del Re 2003 che, come ho scritto sopra, era appunto derivato da una cellula di Re 2000. Per una curiosa analogia, la SH ha lasciato nella scatola gli stampi short run del Re 2000 aggiungendo, in resina di colore giallo beige, le semi fusoliere del Re 2003 (con struttura interna) più le altre parti necessarie. Il motore stellare Piaggio è anch’esso realizzato in resina, con i cilindri separati da incollare sulla base forata. Sia gli stampi in stirene che le pareti in resina, con riscontri completamente assenti, hanno una discreta quantità di flash che, data la fragilità del materiale, richiederà molta attenzione e un tagliabalsa molto affilato per la sua rimozione. La confezione contiene anche un foglietto in fotoincisione per i particolari e il pannello strumenti. Quest’ultimo si completa con un rettangolino di acetato trasparente su cui, con tecnica fotografica, sono realizzati gli strumenti. Le decal sono (ovviamente) per una sola versione; la qualità è buona e i colori riprodotti sembrano corretti.
Conclusioni: un kit di discreta complessità, stante il multi materiale e, come detto sopra, l’assenza di riscontri che complicano alquanto la fase di montaggio. Mi ricordo che più di trent’anni fa la rivista Storia Modellismo (scomparsa da molti anni) pubblicò un articolo di un modellista italiano (Marco Manni) che si era cimentato nella (difficile) realizzazione di un Reggiane Re 2003 partendo dal kit Supermodel nel lontano 1979…
AG 2018