L'unione fa la forza...
Nei tempi d'"oro" del modellismo (il periodo che va dalla metà degli anni sessanta alla fine degli anni '70), c'erano diverse case a livello internazionale: Airfix, Revell, Monogram, Frog (già in difficoltà), poi vennero Matchbox, Tamiya, Hasegawa, Fujimi. In casa nostra, nacquero piccole realtà a livello nazionale o quasi: Artiplast, Delta, Supermodel, Italaerei - che poi diventerà Italeri, Polistil. Ognuna di queste Ditte progettava e realizzava con il suo staff di tecnici, in maniera del tutto indipendente dalle altre, i kit da proporre sul mercato modellistico. Spesso accadeva, soprattutto per i soggetti più famosi, di trovare diverse repliche dell'Hurricane, dello Spitfire, del B.17, del Lancaster, etc. ognuna con le sue caratteristiche, i suoi pregi e i suoi difetti. Allora si faceva tutto a mano e un incisore di stampi era poco meno (ma molto poco meno) di uno scultore o di un artista nel suo genere. Il risultato finale era talvolta "artigianale" ma era spesso dovuto a un rapporto tra costi (ricerche, fotografie, disegni) e benefici (la vendita di massa). L'unico modo che aveva il modellista esigente di ovviare a riproduzioni non sempre fedeli, prima della grande disponibilità di particolari aftermarket in fotoincisione e resina, era "cannibalizzare" alcune parti da uno o dall'altro kit dello stesso soggetto realizzato da ditte diverse, per produrre un "ibrido" che raccogliesse i pregi (e i minori difetti) dei kit presi singolarmente. Quindi, quando era possibile, di un kit si utilizzavano le ali, di un altro i carrelli e le eliche, e così via. I modellisti più esperti e, aggiungo, davvero bravi, arrivavano a cimentarsi con l'autocostruzione di intere parti, utilizzando i materiali più disparati... C'è da dire che i kit di produzione orientale (giapponese) erano generalmente di qualità più elevata dei loro contemporanei occidentali, ma per noi ragazzi di allora non era così facile disporne, sia per la loro minore reperibilità (Airfix e Matchbox si trovavano praticamente in ogni cartoleria della mia città), sia per il prezzo decisamente più elevato. Per fare un esempio, a fine anni '70 un Mosquito Airfix Serie 3 costava 2.000 lire (un Matchbox solo 1.500) mentre per un Hasegawa si potevano spendere anche 10.000 - 12.000 lire, quindi 5 volte di più rispetto all'Airfix.
Ovviamente, chi si accontentava della mediocre qualità dei kit di allora, li montava così com'erano e avanti con il prossimo...
I tempi di oggi sono molto cambiati da allora: il modellismo in plastica interessa poco i ragazzi (di oggi) e quelli che erano ragazzi allora sono diventati adulti MOLTO esigenti, disposti a spendere cifre considerevoli per accaparrarsi la riproduzione più accurata disponibile. D'altro canto, grazie ai minori costi di produzione nel mondo asiatico (India e Cina, per fare due esempi) e alle tecniche di computer grafica molto sofisticate (e accessibili a prezzo contenuto), oggi le case produttrici riescono a realizzare stampi molto più accurati rispetto a quaranta anni fa. Il rovescio della medaglia è che tali realizzazioni si rivolgono a un mercato molto più ristretto di allora; quindi minori costi ma anche minori guadagni.
Tutto questo per dire che sembra più che giustificato che uno stampo, se ben fatto e con una buona probabilità di essere appetibile sul mercato modellistico, sia realizzato da una casa e riproposto anche con altre etichette. L'esempio calzante è il kit del Douglas Boston che è oggetto di questa recensione: l'effort realizzativo lo si deve alla MPM, casa ceca che negli ultimi anni ha sfornato diversi kit in styrene in long e in short run, tutti di ottima qualità, che è stato poi "sfruttato" anche dalla Revell (seppur parzialmente, come si dirà dopo) che, in virtù del nome noto in tutto il mondo, ha una capacità produttiva e distributiva di gran lunga superiore.
Di che aereo si tratta?
Il Douglas A 20 era un bombardiere di produzione USA. Per la già citata Legge Affitti e Prestiti, la RAF, successivamente alla Francia, che fu la prima nazione allata europea a disporne, ricevette i primi esemplari (Douglas DB-7) già a partire dal 1940, quando la Francia si era già arresa e la commessa di A 20 fu dirottata agli inglesi. Come era d'uso nella RAF, il bombardiere ricevette la sua nuova denominazione. Anzi, in questo caso ne ricevette due: con il nome di Douglas Boston la Royal Air Force volle indicare il bombardiere diurno, con il nome di Havoc (Distruzione) il bombardiere notturno. All'USAAF il nome di Havoc dovette piacere particolarmente perché tutte le versioni dell'A-20 a partire dalla DB-7 furono battezzati come Havoc/Distruzione.
La RAF non si accontentò poi dei normali sviluppi operativi del bombardiere, ma ne chiese anche versioni (molto) particolari. Tra tutte, citiamo l'A20 Turbinlite, una versione dell'Havoc che aveva nel muso un potentissimo proiettore da 2700 milioni di candele (a paragone, un proiettore alogeno portatile eroga 2-3 milioni di candele quindi per realizzarne uno equivalente occorrerebbe la luce di circa un migliaio di proiettori alogeni accesi simultaneamente). Questo "occhio di bue" volante aveva lo scopo di illuminare, alla formazione di bombardieri notturni che lo seguivano, la zona da colpire. Il rovescio della medaglia era che, nell'oscurità, una fonte di luce così potente era individuabile a grande distanza e quindi attirava il fuoco della contraerea nemica. Sarebbe inutile dire che il progetto fu presto abbandonato...
Un'altra versione "speciale" dell'Havoc prevedeva il traino in volo di una bomba agganciata a un lungo cavo d'acciaio. Lo scopo era quello di volare nelle rotte dei bombardieri nemici sperando che la bomba "cozzasse" contro uno di questi e lo distruggesse. Certo è che anche gli Inglesi ne avevano di fantasia...
Parlando nello specifico della versione riprodotta dalla Revell, sulla scatola essa è identificata dalla sigla Mk V (versione RAF) e dalla sigla A-20J. In realtà la denominazione Revell è errata: la A-20J era era una versione successiva alla A-20 G, che montava i motori R-2600-23 e aveva il muso in metacrilato trasparente. Tale versione fu rinominata dalla RAF Boston Mk IV. La Mk V corrispondeva alla A-20K, che era sempre derivata dalla A-20 G con il muso in metacrilato ma aveva i motori più potenti R-2600-29 da 1.700 HP.
Che cosa c'era nei cosiddetti "tempi d'oro"?
Il Douglas Boston era nel periodo 1963-1976 un soggetto abbastanza diffuso: la Frog, l'Airfix, la Revell e la Matchbox sfoggiavano un Boston/Havoc nei loro cataloghi. I più vecchi erano il Frog e l'Airfix.
Quest'ultimo era un Mk III, il cui stampo risaliva (oggi non è più a catalogo) al 1963. Il kit era diventato negli anni un Series 4, quindi avrebbe dovuto essere di discreta complessità. In realtà il kit era composto da 64 pezzi, quindi piuttosto povero, con interni inesistenti e con i rivetti talmente sporgenti da poter essere utilizzati come grattugia. I trasparenti erano spessi e stampati grossolanamente; i motori erano solidali con le Naca e le eliche di pura fantasia. l'unico "plus" (di allora) erano le superfici mobili separate ma, come era costume Airfix, con gli accoppiamenti talmente "laschi" che, una volta montate, le rendevano assolutamente irrealistiche. Le decal fornivano tre versioni, due RAF e una USAF e, nell'ultima produzione risalente agli anni '80, erano stampate piuttosto bene e comprendevano il quadro strumenti principale.
Il contemporaneo Frog...
era anch'esso un Mk III. E' stato riprodotto fino al 1976, anno nel quale la nota casa inglese dovette dichiarare forfait. Nella foto accanto a destra è ripresa la scatola in cartoncino sottile bianco nella sua forma più diffusa (anni '70) e che noi modellisti negli "anta" riconosciamo immediatamente. A differenza di altri kit della stessa casa, questo in particolare non era proprio il "top": nel classico styrene vetroso di colore blu scuro, una cinquantina di pezzi forniva una riproduzione appena mediocre del bombardiere. Anche nel kit Frog le superfici mobili erano separate; i motori avevano evidentemente subito una cura dimagrante ante litteram, per come erano "asciutti". Anche le eliche erano molto deludenti. I trasparenti erano "minimalisti" al pari delle decal, quest'ultime per due versioni.
Il (di poco) più giovane Revell...
Lo stampo Revell originale risale al 1967, quindi è anch'esso abbondantemente negli "anta". Anche questo stampo riproduceva un Mk III; nel 1975 ha subito un piccolo intervento di face lifting poi è rimasto inalterato fino al 1995 (nella foto di sinistra la box art dell'ultima emissione), quando ha ricevuto nuove decal. Infine è caduto nell'oblio.
I quattro anni che separano lo stampo Revell dai più vecchi Airfix e Frog si notano nella maggiore accuratezza degli accoppiamenti, soprattutto con le parti mobili separate. Il dettaglio superficiale, ovviamente in rilievo, era sempre esagerato per la scala e gli interni erano inesistenti (non è presente nemmeno la mitragliatrice posteriore). Le eliche erano meno brutte di quelle dei suoi due predecessori, ma non erano il massimo.
Poi arrivò il Matchbox...
La Divisione kit in styrene della casa inglese non esiste più (ma il marchio sopravvive ancora sotto la proprietà della Mattel). Nel 1977 la Matchbox realizzò una scatola dedicata al Boston Mk IV (quindi una versione successiva alle precedenti). In alternativa alla Mk IV, era possibile realizzare una delle ultime sottoversioni della A-20G con 6 mitragliatrici da mezzo pollice sparanti dal muso anche se nel kit ce n'erano solo 4 (è la versione raffigurata sulla scatola). Il kit sopravvisse fino all'edizione del 1997, che fu riemessa con nuove decal, poi scomparve. La scatola conteneva le stampate in tre colori diversi, con le pannellature incise con l'aratro e i trasparenti necessari a una riproduzione dignitosa del Boston, sicuramente superiore ai suoi predecessori, ma nulla di più. Le eliche erano meglio riprodotte rispetto ai kit Frog, Airfix e Revell.
Le decal erano per due versioni.
E poi fu il turno dei Cechi...
Nel 2007 e negli anni immediatamente successivi, la MPM Ceca realizzò diversi stampi dedicati al Douglas A-20, sia nelle versioni "classiche" Raf che in quelle Usaaf. Il "capostipite" della serie fu l'A-20 G illustrato del disegno a fianco. A partire da questa versione, la MPM ha realizzato:
- Boston Mk IV/V
- A-20G D Day
- A-20 B "MTO"
- Boston Mk III
- P-70 NightHawk (versione per caccia notturna)
- Havoc Mk II "Turbinlite"
- DB-7 C "Captured Boston" (serie limitata).
Tra tutte queste realizzazioni, la Revell ha pensato (bene) di rimpiazzare il suo vecchio Boston Mk III con un Boston Mk V, che è oggetto delle righe seguenti.
Aggiungo solo che la Special Hobby ha aggiunto nel 2014 il Boston Mk III vesione "D-Day" per i 70 anni dello sbarco in Normandia (foto a sinistra).
Che hanno deciso di parlare (anche) tedesco...
Nel 2012 la Revell ha quindi aggiunto al suo Catalogo il Boston Mk V, selezionandolo tra le diverse proposte MPM. La prima cosa che si nota osservando la cover della scatola è che stranamente manca il nome "Douglas", che era invece presente sulla scatola del kit più vecchio. Dell'imprecisione sulla sigla della versione americana (J invece di K) abbiamo già scritto sopra. Il kit ha lo skill 3, quindi medio-alta complessità. A questo punto possiamo aprire la scatola.
In un unico "blisterone" trasparente sono contenuti tutti gli sprue del kit. A parte, nella scatola, si trovano il fascicoletto formato A4 di 12 pagine delle istruzioni e il foglio decal, non protetto da blister. Dal sacchetto trasparente "saltano fuori" 4 sprue di colore grigio chiaro e un ulteriore blister trasparente che contiene lo sprue dei trasparenti (canopy, finestrini e torretta). in tutto sono 118 pezzi, quindi almeno dal numero delle parti sembra confermata la complessità costruttiva medio-alta. La qualità di stampa è ottima, il dettaglio superficiale veramente lodevole e gli interni sono adeguatamente riprodotti (sarebbero da aggiungere le cinture di sicurezza). Le pannellature incise sono perfette per la scala e spero che gli accoppiamenti siano accurati da non richiedere stucco e/cianoacrilato per colmare le giunzioni.
Il foglio decal non è particolarmente ricco, anche se fornisce gli stencil e il cruscotto: offre due livree, una RAF di stanza in Italia nel 1944 e una USAAF di stanza in Inghilterra sempre nel 1944. La mimetica delle due versioni è identica ed è quella americana, Olive Drab sulle superfici superiori e grigio medio per le superfici inferiori. Le decal sono stampate in Italia e sono di ottima qualità. A mio parere, per la versione americana la Revell avrebbe potuto proporre una livrea più "colorata". Spesso gli aerei americani sfoggiavano vistosi "artwork" sul muso e il Boston/Havoc era tra quelli.
Il fascicolo delle istruzioni è suddiviso in 29 fasi: 27 sono dedicate al montaggio e 2 alla mimetica e alla posa delle decal. il "visual" scelto, molto "kids oriented" per illustrare le sequenze di montaggio fa sorridere, con i vari simboli del tubetto di colla, delle mollette per stendere la biancheria, dell'orologio per significare che bisogna attendere che la colla (o la vernice) si asciughi. La complessità maggiore sta nella zona carrelli principali, che devono essere assemblati (e verniciati) prima di incollare le gondole inferiori. Le ruote sono ben riprodotte ma non hanno l'effetto peso. Particolare attenzione, inoltre, è richiesta nella fase di incollaggio delle "bugnature" sulle NACA, che devono rispettare precise misure, riportate nelle istruzioni e nell'incollaggio dei due semigusci trasparenti; altrettanto dicasi per il "tappo" frontale che realizza il muso, per non creare scalini o antiestetiche giunzioni. Per fortuna la maggior parte di questi tre pezzi deve essere verniciata, anche in corrispondenza dei punti di incollaggio; quindi, se servisse, prestando la massima attenzione per non provocare rotture, si potrebbe utilizzare anche il cianoacrilato per una migliore adesione e per colmare eventuali fessure. Le istruzioni (fase 5) raccomandano di appesantire il muso con un peso di 20 grammi, anche se non è chiaro dove questo peso debba essere posizionato.
Conclusione: un'ottima scelta quella fatta da MPM e Revell di allargare con un marchio conosciuto a tutti l'interesse per questo caccia/bombardiere bimotore, ben riprodotto in questo pregevolissimo kit.
AG 2014