scala 1/72 "Historic Upgrade"
n° Catalogo 1360
Nell'Italia degli anni '30 del secolo scorso, la cronica carenza di materie prime costringeva gli ingegneri aeronautici a "farsi la punta al cervello" per progettare aerei moderni a lungo raggio e a grande capacità di carico, in grado di competere a livello internazionale con gli "omologhi" francesi ma soprattutto inglesi, utilizzando essenzialmente il legno.
In Germania, dove le materie prime come l'acciaio e l'alluminio non scarseggiavano, fu per volere dell'allora Maresciallo dell'Aria Hermann Goering che l'aviazione tedesca non disponesse di aerei da trasporto/bombardamento di grosse dimensioni. Il trasporto era in gran parte affidato a quel vero "ciuccio di fatica" che era lo Junkers Ju 52 (trimotore a costruzione interamente metallica) e il bombardamento all'Heinkel He. 111. L'unico quadrimotore utilizzato dalla Luftwaffe fu il Focke Wulf Fw 200 "Condor", ma i suoi soli 11 esemplari prodotti (contro gli oltre 7.500 dell'Heinkel) non costituiscono un esempio significativo di impiego.
Uno Junkers Ju 52 in una (rara) elaborazione a idrovolante. Nei primi anni '30, questo aereo costituì la spina dorsale dell'aviazione tedesca. Allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, fu presto ritirato dalla Prima Linea come bombardiere a causa della sua vulnerabilità alla caccia avversaria ma fu grandemente usato come aereo da trasporto e per il lancio di paracadutisti.
Un Heikel He 111 in fase di decollo durante un AirShow tenutosi nel Maryland (USA) nel 2000. Pur di concezione moderna per gli anni, adeguatamente veloce e con una ottima capacità di trasporto bombe, fu grandemente decimato durante la Battaglia d'Inghilterra anche a causa della decisione dei vertici della Luftwaffe di non adeguare le sue scarse capacità di difesa, che lo rendevano facile preda degli Hurricane e degli Spitfire.
In questa bella foto a colori è ripreso un Fw 200 in versione da pattugliamento marittimo e antinave, attrezzato con Radar e siluri. Il Condor fu molto efficace in tale impiego, tanto da meritarsi l'appellativo di "Flagello dell'Atlantico"
Nel settore degli idrovolanti, l'Italia era (giustamente) famosa: le trasvolate oceaniche del Maresciallo dell'Aria Italo Balbo dei primi anni '30 e in particolare la crociera del "decennale" (1933) con i Savoia Marchetti S.55X aveva raggiunto fama internazionale. In realtà, la tecnologia aeronautica italiana era piuttosto arretrata: motori poco potenti e strutture di legno per scafi e ali erano utilizzati per il Savoia S.55X e il Cant Z. 501 "Gabbiano". Il Gabbiano riprendeva, in piccolo, le forme del Consolidated Catalina (ma aveva anche un solo motore invece dei 2 come il suo "simile" americano). L'idrovolante della Cant, entrato in servizio nel 1935, realizzato in ben 467 esemplari, era già obsoleto allo scoppio della Seconda Guerra mondiale e il suo utilizzo come ricognitore marittimo, a causa della bassa velocità e dello scarso armamento, era a rischio abbattimento da parte degli aerei nemici. Pure, il suo efficace impiego per il soccorso in mare, gli fece guadagnare il soprannome di "Mammaiut".
A sinistra: una bella foto di Cant Z.501 schierati sulla darsena (mi pare) dell'idroscalo di Vigna di Valle. La colorazione è quella pre-bellica, con lo scafo superiore e le ali verniciate in alluminio/argento e lo scafo inferiore in nero.
Le scarse prestazioni dell'unico motore Isotta Fraschini Asso XI gli consentivano una velocità massima di appena 275 Km/h, che lo rendeva alla mercè degli aerei nemici, anche quelli meno performanti. A seguire, la foto purtroppo "tagliata" per incompatibilità di formato, dell'idrovolante francese esamotore Latécoère 521 che effettuò servizio transatlantico tra la Francia e il Brasile tra il 1935 e il 1939. Quest'ultimo idrovolante subì gravi danni a causa di un uragano durante il suo primo volo e dovette essere quasi completamente ricostruito.
Le rotte transatlantiche
Nella seconda metà degli anni '30 del Novecento, le compagnie aeree civili europee cominciarono ad interessarsi alle tratte a lunga percorrenza con destinazioni transatlantiche. Nacquero quindi i primi collegamenti con le Americhe, in particolare del Sud, più veloci delle traversate via nave ma più rischiosi in caso di cattivo tempo e con la necessità di effettuare scali tecnici per il rifornimento, in quanto nessun aereo "di linea" allora era in grado di effettuare, in un unico volo, la traversata dell'Atlantico.
La Germania aveva provato ad utilizzare per tali rotte i grossi dirigibili Zeppelin, di cui si ricorda (anche e soprattutto per la tragica fine) il più grande oggetto volante della storia, l'Hindenburg, capace di trasportare dall'Europa agli Stati Uniti 50 passeggeri e 61 uomini dell'equipaggio in meno di 6 giorni. L'incendio e la conseguente distruzione dell'Hindenburg, il 6 maggio del 1937, pose fine all'impiego di queste gigantesche aeronavi.
In alternativa ai grandi dirigibili si pensò di utilizzare gli idrovolanti: in caso di problemi durante il volo, un idrovolante aveva (almeno) la possibilità di tentare un ammaraggio, cosa che un normale aereo non equipaggiato con scarponi galleggiante avrebbe potuto fare. In Francia, nel 1935 entrò in servizio il grosso idrovolante esamotore Latécoère 521 (vedi foto sopra) che inaugurò la rotta Parigi/Natal (Brasile) e che fu operativo, come unico esemplare, fino al 1939, sulla rotta Parigi New York.
In Italia, la CANT aveva realizzato, nel 1934, su specifica dell'Ala Littoria, la compagnia di bandiera aerea nazionale, lo Z. 505, che adottava una configurazione diversa rispetto al precedente 501, ad ala bassa e con il galleggiamento affidato a due grandi scarponi in alluminio fissati allo scafo mediante travi in acciaio. L'altezza dall'acqua era notevole, circa 7 metri, che rendeva necessaria per l'accesso alla fusoliera tramite il portellone laterale, una scala alta più di una palazzina di 2 piani... L'autonomia massima era di 3.500 km.
Dallo Z.505 fu ricavato il CANT Z.506, più piccolo del 505, che fu utilizzato, nella versione C (civile) nel marzo 1938 dall'Ala Littoria, con il comandante Carlo Tonini come pilota e come copilota Umberto Klinger, presidente della società e promotore dell'iniziativa, per coprire la distanza tra l'Italia e Buenos Aires via Bathurst in Gambia, confermando la possibilità di aprire una nuova rotta transoceanica.
Nelle due foto sopra sono visibili, a sinistra, il Cant Z. 505 e a destra il Cant Z.506, entrambi in livrea civile dell'Ala Littoria. Dal confronto delle foto si notano subito i motori diversi, Isotta Fraschini in linea nel 505 e Alfa Romeo stellari nel 506.
Dai galleggianti si evincono le maggiori dimensioni del 505 rispetto al 506.
La struttura dell'Airone era essenzialmente lignea, con la sola eccezione degli scarponi galleggianti, realizzati in alluminio a compartimenti stagni e relative travature in acciaio e, ovviamente, i supporti per i motori in superavional.
Il primo impiego bellico dello Z.506 fu durante la Guerra Civile Spagnola: negli anni 1938/1939 furono impiegati 4 Z.506 che affiancarono i 9 Z.501 già schierati. Alla data dell'entrata in guerra dell'Italia, il 10 giugno 1940, erano 97 i Z.506, schierati in 2 Gruppi da bombardamento e in alcune Squadriglie da Ricognizione Marittima.
Dalla versione B fu ricavata la versione S, dedicata al Soccorso Aereo, che era completamente dipinta di bianco e aveva come insegne le croci rosse in coccarde bianche circolari bordate di rosso. Tale colorazione, che avrebbe dovuto far riconoscere immediatamente alla caccia nemica il compito al quale erano destinati, li rese invece facili prede degli Hurricane e degli Spitfire inglesi su Malta e sul Mediterraneo. I Cant Z.506 che sopravvissero al secondo conflitto mondiale, continuarono ad operare come Soccorso Aereo (sia militare che civile) fino al 1960.
Non mi dilungherò ulteriormente sulla storia del Cant Z.506, rimandando l'interessato lettore alla pagina dedicata all'Airone da Wikipedia (disponibile sia in italiano che in inglese), cliccabile qui.
A sinistra è visionabile lo spezzone, tratto dal film Alfa Tau del 1942, del quale parlo nelle righe seguenti. Il film, che narra un episodio di guerra con protagonista il sommergibile Enrico Toti e il suo equipaggio, è stato girato più con intento documentaristico che di propaganda. L'Italia che fa da cornice al film, dalle montagne innevate al mare di Genova, è fin troppo "signorile" e distaccata dagli eventi bellici, ma gli italiani in quei tragici anni avevano ben presente quali fosse la dura realta.
Mi limiterò soltanto a citare uno spezzone del film Alfa Tau, un film di guerra italiano realizzato nel 1942 da Francesco De Robertis più a scopo documentaristico che propagandistico, con attori non professionisti reclutati tra i sommergibilisti della Regia Marina. Il codice "alfa tau" equivaleva all'affondamento di un sommergibile nemico. Il "protagonista" del film è il sommergibile Enrico Toti che, durante una missione, affonda il sommergibile inglese HMS Triad (episodio realmente accaduto) dopo un lungo ed estenuante confronto a fuoco a colpi di cannone e lanci di siluri e persino di uno scarpone quando il cannone del Toti improvvisamente si inceppa...
Il comandante del Toti nel film era il Capitano di Corvetta Bruno Zelik, che trovò la morte poco dopo le riprese del film al comando del sommergibile Scirè, affondato il 10 agosto dl 1942 dalla Corvetta HMS Islay presso Haifa (Israele).
Nel film, il Toti, in missione di perlustrazione nel Mediterraneo, trova un Cant Z.506 in avaria e senza benzina che galleggia a malapena dopo un ammaraggio di fortuna. Il comandante del sommergibile, con il megafono, fa cenno al comandante dell'Airone e al suo equipaggio, tra cui il marconista ferito, di salire a bordo del sommergibile e di incendiare e affondare l'aereo, per non farlo cadere in mani nemiche. il comandante dell'aereo vorrebbe fare invece il pieno di benzina e tentare un decollo, per non distruggere l'apparecchio sul quale avevano condiviso tante missioni di guerra. Davanti al rifiuto del comandante del Toti, che non vuole rischiare di essere individuato e colpito dal nemico, il comandante dell'Airone si prepara a dare fuoco all'aereo mentre l'equipaggio sale a bordo della scialuppa. Ma i suoi uomini, resosi conto che il loro comandante aveva intenzione di immolarsi insieme con il proprio apparecchio, tornano indietro, pronti a sacrificarsi con lui.
Davanti a questo gesto eroico, come davanti a tanti veri episodi di cui si resero protagonisti i nostri soldati durante la seconda guerra mondiale, il comandante del Toti decide di rischiare e l'Airone, rifornito di carburante, riesce a riprendere il volo, mentre il sommergibile si immerge per continuare la propria missione.
Il kit dell'"Alcione" della scomparsa ditta italiana di modellismo risale al 1986.
Negli anni '80 del secolo scorso le produzioni estere e, in particolar modo, del sol Levante, avevano già iniziato da qualche anno quel processo di trasformazione da "giocattolo" per bambini a hobby impegnativo per adulti. Gli adolescenti avevano a disposizione videogiochi con grafica già evoluta, disponibili anche su consolle casalinghe, e l'interesse verso il modellismo in plastica perdeva sempre più terreno. Se si volevano quindi mantenere sufficienti quote di mercato, bisognava investire nella realizzazione di kit di maggiore qualità. Pur in un contesto economico abbastanza ridotto rispetto alla concorrenza, la Supermodel e la sua "sorellastra" Italeri (diventata tale da Italaerei nel 1984) cercavano di "tenersi a galla" proponendo nuovi kit che potessero suscitare ancora un certo interesse.
La Supermodel, per volere del suo titolare, Giorgio Radicchi, concentrò la sua produzione negli aerei che erano stati progettati e costruiti in Italia mentre l'Italeri preferì "allargare i suoi orizzonti". I "canti del cigno" della Supermodel furono i kit del MB 326 e del 339 che uscirono rispettivamente nel 1990 e nel 1992. Questi kit, visti con gli occhi di oggi, meriterebbero poco più della sufficienza (forse un sette pieno il 339) ma erano innegabilmente gli unici sul mercato. Il MB 326 è ancora disponibile con il logo Italeri (e nuove decal).
Nelle foto sopra, rispettivamente a sinistra e a destra, sono visibili le Box Art dei kit in scala 1/72 del MB 326 e del MB 339 (quest'ultimo oggi non più disponibile). Si tratta di kit unici per i soggetti riprodotti ma di limitato interesse modellistico, anche per il livello qualitativo più basso rispetto agli standard attuali. Il 326 "attira" ancora una fetta di modellisti "sudamericani" per aver militato nelle file della Aviation Naval Argentina durante la Guerra delle Falkland. E' stato anche utilizzato dal Brasile e costruito su licenza con il nome di Impala dal Sudafrica.
Per il resto, la riproduzione dell'Alcione era abbastanza fedele e il montaggio procedeva sicuro. Il kit forniva le superfici mobili separate (caratteristica che è rimasta, seppur con qualche modifica, nell'Historic Upgrade Italeri) e una base trasparente per gli scarponi" in modo da poterlo esporre senza pericolosi "ondeggiamenti". L'Alcione Supermodel comprendeva anche un carico di 2 bombe da appendere nella stiva (apribile). Le decal Supermodel erano per 4 versioni (dalla guerra di Spagna alla Luftwaffe, passando per la Regia Aeronautica e il Soccorso Aereo).
Il kit Italeri "Historic Upgrade" ripropone sostanzialmente il vecchio kit, dove risultano "ripuliti" i pannelli alari e le superfici mobili, sono cambiate le disposizioni dei pezzi ed è stato aggiunto un nuovo sprue di arricchimento degli interni. Completa il "detailing" un piccolo foglio in fotoincisione per le cloches, le cinture di sicurezza, il pannello strumenti principale e secondario, le pedaliere, i telaietti aggiuntivi dei motori e una scaletta di accesso. La definizione utilizzata dall'Italeri di stampi "ampiamente migliorati" per l'Historic Upgrade mi sembra un po' eccessiva...
A destra sono visibili il piccolo foglio in fotoincisione e il nuovo sprue di particolari degli interni aggiunti al vecchio kit Supermodel dall'Historic Upgrade dell'Italeri. Il vano bombe è però rimasto inalterato e invoglia poco a lasciarlo aperto. Il foglio decal si è ingrandito, comprendendo ben 6 versioni (2 R.A., 2 Luftwaffe, una Cobelligerante e una RAF preda bellica) ma è purtroppo non più fornita la versione Soccorso Aereo.
Dal supporto trasparente è scomparsa la dicitura Supermodel.