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REVELL
Vickers Wellington Mk II
n° Catalogo: 4903
scala 1/72
 
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Una (veloce) ripassata di matematica e fisica...

Per una volta l'affezionato navigatore non sarà tediato da noiose note storiche sul Wellington (una descrizione interessante e completa è reperibile su Wikipedia cliccando qui), ma mi limiterò, da ingegnere, a scrivere qualche parola sulla famosa e caratteristica "struttura geodetica" e le sue applicazioni in aeronautica e, infine, a concedermi una divertente digressione a proposito del soprannome che i piloti britannici diedero al bombardiere inglese.

 

Un'opera "geodetica" incompiuta...

Chi come me abita a Roma e si trovasse a passare dalle parti di Tor Vergata o a percorrere la bretella che collega l'uscita dell'Autostrada A1 di Roma Sud per immettersi sul Grande Raccordo Anulare, avrà sicuramente notato sulla destra una struttura "scheletrica" di imponenti dimensioni, di colore bianco (ormai sporco). Si tratta della Vela (a pinna di squalo) dell'architetto Calatrava, una struttura rimasta incompiuta, facente parte di un ambizioso (e ahinoi) dispendioso progetto di Città dello Sport iniziato nel 2005 sotto la prima giunta Veltroni. La mega struttura sarebbe dovuta essere inaugurata (e utilizzata) per i Campionati di Nuoto del 2009 e che, invece, per il protrarsi dei lavori e per l'aumento esorbitante dei costi, fu lasciata incompleta e i Campionati furono ospitati nelle strutture sportive di "ventennale" memoria del Foro Italico, realizzate tra il 1927 e il 1932. Ovviamente i 240 milioni spesi (a fronte di un preventivo di 60) NON torneranno più alla collettività, essendo finiti in mille tasche diverse (e qui mi fermo) né qualcuno si assumerà la responsabilità ulteriore di far spendere i 660 milioni di euro (stimati) per il suo completamento.

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A sinistra la bella (ma desolante) foto (Autore: Conte di Sarre) della Vela di Calatrava. Sintomaticamente la foto è stata scattata al tramonto, giusto per significare il tramonto di un'opera costosissima (e inutile).

Dicesi "geodetica"...

 

Nel suo significato originale, la geodetica indicava il cammino più breve tra due punti sulla superficie della Terra. In matematica, una geodetica è una curva che descrive (almeno localmente) il cammino più breve su un dato spazio. All'inizio del XX secolo, le geodetiche assunsero particolare rilevanza nello studio dei campi gravitazionali e della Teoria della Relatività in relazione agli spazi curvi in presenza di un campo gravitazionale e quindi di una massa. Secondo la Teoria della Relatività, infatti, più è grande la massa e più sono forti e evidenti gli effetti di distorsione dello spazio nelle sue vicinanze. Si considerano geodetiche le traiettorie di un corpo dotato di massa che cade sulla Terra (per esempio un asteroide) o di un satellite in orbita. A partire dal concetto di curva geodetica, si definisce la Cupola geodetica, che è una struttura emisferica composta da una serie di travi giacenti su geodetiche. Senza farla troppo complicata, l'affezionato lettore sappia che una struttura geodetica è l'unico manufatto realizzato dall'uomo che più è grande e più è robusto, perché le forze si distribuiscono meglio sull'intera struttura, al crescere delle dimensioni. Una cupola geodetica ha anche il vantaggio di avere il massimo rapporto tra volume racchiuso e peso. 

La Geodetica applicata alla tecnica aeronautica.


 

Il più convinto (e, in effetti, l'unico) sostenitore dell'applicazione delle geodetiche alle costruzioni aeronautiche fu l'ingegnere inglese Barnes Wallis (1887-1979)  che, come progettista aeronautico per la Vickers, l'utilizzò prima nei dirigibili e poi nel prototipo dell'aerosilurante/bombardiere/trasporto Vickers Type 253. Questo biplano monomotore si guadagnò una commessa dall'Air Ministry nel 1932 per 150 esemplari ma non entrò mai in produzione perché si considerò la formula biplana già antiquata per i tempi (che differenza con l'Italia, dove nel 1938 volava il prototipo del Fiat CR 42 Biplano...).

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A destra la foto dell'unico biplano realizzato con la struttura geodetica: il Vickers Type 253.

Dal biplano al monoplano Wellesley


 

L'ingegner Wallis ripropose la struttura geodetica tre anni dopo, nel 1935, realizzando il Type 246, ovvero un bombardiere monoplano e monomotore e sottoponendo il progetto all'Air Ministry. Il velivolo, caratterizzato da un'apertura alare di grandi dimensioni, non rispondeva appieno alla specifica per la quale era stato realizzato il Type 253, essendo solo un bombardiere, ma l'Air Ministry decise comunque di assegnare alla Vickers una commessa di 96 esemplari. Subito dopo l'Air Ministry emise una nuova specifica, la 22/35 per un bombardiere monomotore monoplano d'alta quota e la commessa del Type 246, ovvero il Wellesley, fu portata a 176 esemplari, che dovevano essere prodotti a partire da marzo 1937.

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La Box Art della scatola Matchbox contenente il kit del Wellesley. L'ambientazione dell'aereo in volo è praticamente identica alla foto a sinistra... Nella foto successiva il contenuto (in versione 3-colors). Non è più a catalogo, ma è una discreta riproduzione (pur se alquanto semplificata) del "curioso" monoplano "geodetico".

Un Vickers Wellesley Mk I in volo sul deserto Africano (Foto: Raf) con serbatoio supplementare per aumentare l'autonomia.

Nel 2014 la Valom (nuova Ditta produttrice di Modellismo dell'Est Europa) ha messo in commercio un nuovo kit dedicato al Wlellesley Mk I. Si tratta di un kit "short run" (del costo di circa 25-35 € in funzione del negozio internet scelto) composto da 84 pezzi di styrene marrone chiaro a cui si aggiungono 10 pezzi di trasparenti (no vacuform, per entrambi le versioni del tettuccio, in parti separate e unico), fotoincisioni per il pannello strumenti, le cinture di sicurezza e parti del motore e un foglio decal per due versioni (simili). Come tutti i short run, richiede maggiore esperienza e attenzione, in particola modo nella fase di incollaggio ali/fusoliera, dove notiamo la mancanza pressoché totale di riscontri, se non per i "vani" scavati nelle semifusoliere. Le istruzioni, inoltre, non risultano particolarmente chiare.

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Il nomignolo "Wimpy"...

 

Nel 1931 uscirono sui quotidiani inglesi le prime "comic strip" con protagonista Popeye (Braccio di Ferro), inventati dal cartoonist Elzie Crisler Segar. Inizialmente queste strip si chiamavano Thimble Teatre (letteralmente Teatro Ditale, traducibile come teatro in miniatura). Tra i personaggi fissi di questo teatrino c'erano Popeye, la sua ossuta e alta fidanzata Olive Oil e, tra i comprimari, un personaggio di corporatura piuttosto robusta, vestito con cravatta e bombetta, sempre affamato di hamburger, apparentemente poco sveglio ma con una dignità, anche nel vestire, che lasciava trasparire un passato benestante: J. Wellington Wimpy (in italiano diventò Poldo Sbaffini). Nelle strisce il personaggio era piuttosto ricorrente, comparendo come il miglior amico di Popeye. Il notevole successo che raggiunsero le loro avventure in poco tempo, convinsero il produttore Fleischer dei Fleischer Studios a realizzare nel 1934 il primo cartone animato con protagonista Betty Boop e come spalla Popeye, ma dai successivi cartoni il nostro divenne protagonista.  Il suo amico Wimpy (in Italia ribattezzato Poldo Sbaffini), a differenza delle strip, assunse nel cartone animato un ruolo sempre più secondario e le sue apparizioni si sono via via diradate.

A destra, una vignetta che ritrae Wimpy (alias Poldo) nell'atto di addentare una lunga sfilza di hot dogs, in compagnia di un alquanto disgustato Popeye. Il personaggio di Wimpy, sempre affamato di hamburger, diede vita a Chicago, negli anni '30, a una catena di Fast Food che nel 1954 impiantò il primo Wimpy Bar a Londra. La catena Wimpy nel 1970 contava più di 1000 fast food in 23 paesi ma a partire dagli anni '80 cominciò a perdere terreno nei confronti del marchio Mc Donald. Nel 1990 i fast food si erano ridotti a 220. In tempi più recenti (2014) hanno rilanciato il marchio, ma non ho informazioni aggiornate sul successo dell'operazione. Per esempio, fino a poco tempo fa c'era un solo Fast Food Wimpy posizionato tra Oxford e Londra (Marlow). In Italia non esistono Fast Food con il marchio Wimpy.

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Il Wellington "ceco"...


 Come per altri due kit Revell che ho acquistato di recente (vedi recensione dell'Hudson Mk I/II e del Boston Mk V, non si tratta di una produzione originale, ma piuttosto di un "rebox" di un kit della MPM ceca. 

Sulla scatola il kit è classificato di difficoltà 5, la massima, perché è composto da più di 150 parti. Aprendo la scatola, i 6 sprue grigio chiaro più i due sprue di trasparenti sono racchiusi in un unico "blisterone" chiuso ai bordi da un lembo adesivo. A parte si trovano il volumetto delle istruzioni (40 fasi di montaggio più due di colorazione) e lo scarno foglietto delle decal (per due versioni praticamente identiche).

Studiando le istruzioni, si scopre che in realtà una trentina di pezzi non sono utilizzabili, perché destinate ad altre versioni del Wellington (con motore radiale); quindi in realtà le parti utili al montaggio sono circa 120 e non 151 come riportato dal sito Revell.com. Se uno volesse utilizzare i motori Hercules, in teoria sarebbe possibile una conversione, vista la disponibilità delle naca e delle eliche relative; è però opportuno verificare, da un completo riscontro fotografico, se sono disponibili tutte le parti necessarie alla realizzazione di un altra versione (per esempio la Mk Ic o la Mk IV o la Mk VIII).

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Conversione a parte, l'analisi del kit evidenzia che si tratta di uno stampo originatamente "short run" trasformato in "long run"; la qualità degli stampi e il dettaglio superficiale non sono eccelsi ma forniscono una riproduzione più che dignitosa del bombardiere.

Le pannellature sono praticamente assenti, essendo il Wellington completamente rivestito di tela sopra l'ossatura geodetica, che nel kit risulta ben riprodotta e poco "ingombrante" come non è, per esempio, nel kit Trumpeter (vedi sotto). Il dettaglio interno è adeguato e andrebbero soltanto aggiunte le cinture di sicurezza al sedile del pilota (il pannello strumenti principale è una decal). La struttura dei carrelli è anche ben riprodotta, con appositi "gusci" da inserire nelle ali e nella fusoliera che riproducono i vani carrelli. Le ruote non hanno però l'effetto peso. Particolare attenzione sarà richiesta nella fase di incollaggio per la totale assenza di piolini di riscontro (tipica dei short-run) e, in particolare, la giunzione ali - fusoliera, perché è presente un incastro appena accennato (e per di più in positivo) che non aiuta ad assicurare il giustro diedro, mostrato semplicemente sulle istruzioni (fase di montaggio n° 26). Le decal sono per due versioni, praticamente identiche, una RAF e una RCAF (superfici superiori in Dark Stone/Dark Earth e inferiori in Black).

Un tuffo nel passato...

 

Risale al 1959 lo stampo Airfix del Wellington B.III, da qualche anno non più a catalogo. Il kit mostra ovviamente la sua "anzianità" e secondo me non vale la pena di impegnare (molto) tempo e fatica per ricavarne una appena sufficiente riproduzione del "Wimpy". Come era moda in quegli anni, le superfici mobili sono separate, ma con un effetto molto "giocattoloso". I motori Hercules sono inglobati nelle NACA dalla forma molto approssimativa; gli interni sono inesistenti e il grado di dettaglio è pesante e poco realistico. 

A sinistra, la cover della scatola Series 4 (anni '70) del kit Airfix del Wellington nella versione Mk III, la più costruita. Il bombardiere è stato riproposto fino a alla fine degli anni '80, quando il suo già trentennale stampo non poteva più reggere il confronto con le produzioni più recenti. Per chi come me che l'ha acquistato a suo tempo, può essere oggi interessante (?) solo a livello collezionistico. Realizzato da scatola, sarebbe un kit povero e bruttino; per renderlo accettabile il lavoro sarebbe troppo oneroso. Nel 2018 l'Airfix ha realizzato 2 nuovi kit dedicato al Mk IA/C e al Gr. VIII (nella serie 8) di cui un'anteprima è visibile su questa pagina in fondo. Nel 2021 ha proposto anche la Mk II, con i motori Merlin, come il kit della Revell del quale ho parlato alcune righe più sopra.

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FROG

 

Coetaneo dell'Airfix (1959), ai "miei tempi" si trovava anche il Wellington Frog nella versione Ic, poi commercializzato dalla Novo e, più recentemente, dalla Eastern Express. La struttura geodedica di ali e fusoliera era appena accennata, come nell'Airfix. Il livello di dettaglio era decisamente scarso (24 pezzi in tutto) e può suscitare qualche interesse, come nel caso dell'Airfix, solo collezionistico.

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Matchbox

Nel 1975 la Ditta inglese di kit di modellismo (non più in attività nel ramo) realizzò uno stampo per il Wellington nella versione Mk X da bombardamento e, in alternativa, per la Mk XIV da ricognizione marittima/antisom (entrambe con i Bristol Hercules). 

A sinistra, la cover con Box Art della scatola Matchbox dedicata al Wellington. Il kit (di cui si può vedere gli stampi in foto ancora nei tre colori originali verde, marrone e nero), è stato riproposto fino a pochi anni fa dalla Revell (come altri suoi coetanei ex Matchbox). Il kit era composto da 72 parti il cui montaggio era illustrato da un fascicoletto in 10 step. Complessivamente era una riproduzione abbastanza fedele del bombardiere inglese, anche se il livello di dettaglio era poco più che sufficiente. Gli interni erano infatti inesistenti e la zona carrelli alquanto semplificata. La struttura geodetica di ali e fusoliera era invece ben riprodotta. Le versioni di colorazione offerte (purtroppo poco visibili in foto per incompatibilità di formato) erano tre, due (quasi uguali) per il Mk X in Dark Earth, Dark Stone e Black e una per il Mk XIV in Extra Dark Sea Grey, Dark Slate Grey e White.

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A destra, la cover con Box Art della scatola ITALERI dedicata al Wellington Mk X (la stessa versione del Matchbox). Il kit è basato sugli stampi MPM (come il nuovo Revell). Le parti in tutto sono 138 ma, come nel caso del Revell, diverse non sono utilizzabili perchè idonee per altre versioni. Per quanto riguarda l'accuratezza degli stampi e il dettaglio esterno e interno, valgono le stesse considerazioni già espresse per il Revell. Come "plus" l'Italeri offre gli scarichi notturni in resina (molto ben fatti) e un ricco foglio decal per ben 6 versioni, compresa una Coastal Command in una mimetica "sperimentale" (Dark Earth, Dark Green e White). 

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MPM: la "madre" di tutti gli "Wimpy"...

 

A questo punto è doveroso parlare dei Wellington MPM, visto che hanno "ispirato" la Revell e l'Italeri... La recente (ma già nota) casa Ceca ha sfornato dal 2002 ben 4 diverse versioni del Wimpy. Nel 2002 è uscita la Mk Ic (la stessa della Frog), poi nel 2006 la Mk III (quella delll'Airfix) , poi nel 2008 la Mk II (quella della Revell) e infine nel 2011 la Mk Ic/Mk VIII (con parti in resina e fotoincisioni per le antenne), tutte ricavate dallo "stampone" di oltre 150 pezzi. Gli originali sono stampati "short run" quindi la loro qualità complessiva è leggermente inferiore a quella ottenuta con gli stampi long run ed è presente il flash, ma il modellista con un po' di esperienza non si spaventerà per questo. Generalmente il prezzo MPM è più elevato ed è (in buona parte) giustificato dalla produzione limitata e dalla assenza di concorrenza (nelle versioni suddette). Le decal fornite sono per tre/quattro versioni e sono ben stampate. I riferimenti per i colori sono Gunze e sono riportati i codici equivalenti Federal Standard.

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Nelle foto a sinistra sono visibili le Box art delle 4 scatole MPM dedicate alle diverse versioni del Wellington. 

Trumpeter: dalla Cina con furore...


 

Anche la nota casa cinese ha realizzato, sia in scala 1/72 che in scala 1/48, le sue riproduzioni del Wimpy. Per la precisione, esse sono quattro: la Mk Ic, la Mk III, la Mk X e la Mk XIV, tutte con i motori radiali, realizzate a partire dal 2006, quindi gli stampi sono i più "giovani" di tutti. Mi limiterò ad analizzare il Mk Ic, essendo le altre versioni derivate da questo primo stampo e quindi condividono la stessa realizzazione.

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Nelle foto a destra la scatola e la relativa Box Art del kit del Wellington Mk Ic della Trumpeter scala 1/72.

Aprendo la scatola, il contenuto si presenta piuttosto ricco: otto sprue di plastica grigia per i pezzi principali più due sprue di plastica trasparente, per complessivi 192 componenti. C'è da dire però che alcune parti, di piccole dimensioni, sono duplicate (forse per fornire una sostituzione in caso di rottura accidentale) e altre parti, probabilmente stampate per altre altre versioni, non sono citate dalle istruzioni (come invece fa correttamente la Revell) con il rischio di creare confusione ai modellisti meno esperti. Le istruzioni constano di 10 pagine, che illustrano il montaggio con sequenze codificate e sono corredate da 4 ulteriori pagine riportanti la colorazione per le due versioni proposte e il posizionamento delle decal. Manca però, per alcune parti interne, il suggerimento per la colorazione. L'abitacolo (posto di pilotaggio, navigatore e marconista) è adeguatamente dettagliato ma mancano gli strumenti sulle parenti interne; il pannello strumenti si completa con una decal. L'alloggiamento inferiore è corredato di gabinetto chimico (è la prima volta che se ne vede uno in scala 1/72) e il vano bombe prevede gli attacchi (ma non le bombe).

Nel complesso, il Trumpeter è un kit molto dettagliato (anche troppo, nel senso che ho qualche dubbio che una volta completato le parti interne queste risultino effettivamente visibili) e ben ingegnerizzato, tranne per il fatto che tutte le torrette devono essere montate e verniciate PRIMA di chiudere le fusoliere. Questa particolarità impone estrema attenzione nella fase di montaggio e completamento del modello per non rompere le finissime mitragliatrici Browning.

Veniamo ora al vero difetto di questo kit: sicuramente la struttura geodetica, caratteristica di questo bombardiere, è stata realizzata in modo eccessivo. Il risultato finale, una volta verniciato il modello, non è così terribile ma, per chi ha l'occhio "allenato" (e i modellisti lo hanno, soprattutto sui modelli altrui), il particolare risulta troppo evidente. 

Facciamo spazio all'ultimo arrivato: Airfix Vickers Wellington

 

Ci sono voluti esattamente 59 anni perchè la Ditta inglese si decidesse a immettere sul mercato una nuova realizzazione del Wimpy. Risale al 2018 la proposta in scala 1/72 del Vickers Wellington Mk IA/C al quale, l'anno dopo (2019) ha fatto seguito un'altra proposta dedicata alla Versione GR Mk VIII anti sommergibile.

Entrambe le proposte sono state inserite nella Serie 8, una serie dedicata ai grandi bombardieri (il vetusto e monumentale Short Stirling, decisamente più "ingombrante" del Wimpy, ha avuto il suo canto nel cigno nella inferiore Serie 7).

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Nelle foto a sinistra sono visibile le 2 Box Art dei rispettivi 2 nuovi kit dedicati al Wimpy. Entrambe le proposte non sostituiscono il vetusto kit risalente al 1959, dedicato al Mk III.

Entrambi i kit sono ben stampati (in grigio chiaro) e ben dettagliati: oltre 170 parti distribuite in 100 fasi di montaggio sul libretto di istruzioni. A proposito di queste, per la prima volta hanno riportato un'indicazione a proposito del fatto che alcune parti dei ricchi interni, una volta montato il modello, saranno difficilmente se non impossibili da vedere e quindi se ne può fare a meno.

Inoltre, sono presenti diverse parti da utilizzare oppure no a seconda che si desideri completare il modello con il vano bombe aperto o chiuso e il carrello di atterraggio su o giù. Come risultato di tutte queste opzioni, anche qualcosa di semplice come l'assemblaggio delle carenature del motore occupa quattordici passaggi del manuale di istruzioni. L'interno dei vani carrelli principali è comunque ben dettagliato. Tutte le superfici mobili (tranne i flap) sono separate e quindi è possibile montarle in posizione "mossa". I motori Bristol Pegasus a nove cilindri sono realizzati in un unico pezzo separato (nel vecchio kit erano solidali con le gondole) e sono adeguatamente rifiniti. La riproduzione della telatura esterna e della struttura geodedica è ottima ed è sicuramente la migliore rispetto a tutti gli altri kit analizzati. Le parti trasparenti sono adeguatamente sottili (anche troppo) e richiedono particolare attenzione nella loro separazione dagli sprue e nella rimozione dei pin di stampaggio, pena pericolose e antiestetiche incrinature. Le decal sono buone (per 2 versioni) e comprendono anche la strumentazione. Molto interessante è la livrea del coastal Command antisommergibile con le antenne dorsali.

Conclusioni: sembra che l'Airfix abbia messola parola "fine" al discorso riproduzioni in scala 1/72 di questo famosissimo bombardiere RAF, il tutto a un prezzo (nel 2024) nell'intorno dei 45 €. Per i malati dell'iperdettaglio, sono disponibili aftermarket diversi set in fotoincisione e in resina e maschere per la verniciatura delle parti trasparenti.

Il "furore modellistico" della Trumpeter ha ingrandito il Wimpy...

Per la prima volta nel mondo (modellistico), la Trumpeter ha realizzato un Wimpy in scala 1/48. Si tratta di un kit notevole, per dimensioni e numero di parti, che mi sentirei di consigliare (ovviamente) ai soli modellisti esperti, ma soprattutto a loro agio a lavorare con scale più grandi (io non sono sicuramente tra quelli). Il kit è composto da 14 sprue di styrene grigio ai quali si aggiungono 2 sprue di trasparenti, ruote in vinile e carrelli in metallo bianco, fotoincisioni per il dettaglio dei vani carrello e acetato per il pannello strumenti. Tutte le superfici mobili (anche i flap) sono separate e il vano bombe, apribile, è ricco di bombe di tutte le misure.  Le Decal sono per due versioni, una RAF 1942 e una RCAF 1943. Gli interni sono chiaramente (complice la scala) molto dettagliati e la struttura geodetica, molto evidente nella scala inferiore é, in questa scala, più accettabile (anche se risulta leggermente "esuberante"). 

​A destra, la cover della scatola Trumpeter del kit in scala 1/48 del Wellington (nella versione Mk III). 

A mio parere, la principale difficoltà nella realizzazione di questo kit, a parte il quantitativo (e la varietà costruttiva) delle parti e le generose dimensioni, è l'assemblaggio ali-fusoliera: solo due piccolissimi fori e un leggero contorno sulla fusoliera indicano dove posizionare le semiali, senza alcun ausilio per il rispetto del corretto diedro alare e senza strutture di rinforzo adeguate alle dimensioni.

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AG 2020/2024