HOBBY BOSS DEWOITINE D 520
Easy Assembly Authentic Kit n° Cat. 80237
scala 1/72
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Premessa: il Dewoitine D 520 della nota (e prolifica) Casa cinese non è un modello "recentissimo": è del 2009 ma è utile secondo me scrivere qualche parola, per vari motivi, che troverete in questa recensione. Per l'affezionato lettore: Come in altre pagine del sito, qui sotto si può leggere una breve introduzione di carattere storico che, se non gradita, è possibile saltare "a piè pari" per soffermarsi sulle note modellistiche, forse più interessanti.

La catastrofe per l'Italia ebbe inizio il 10 giugno 1940...

Alle 16:30 di un caldo pomeriggio di giugno il Conte Galeazzo Ciano, alla data Ministro degli Esteri italiano, aveva convocato gli ambasciatori di Inghilterra e di Francia, Sir Percy Loraine e André François Poncet, per consegnare loro la dichiarazione di guerra (« Sua Maestà il Re e Imperatore dichiara che l'Italia si considera in stato di guerra con la Francia [con la Gran Bretagna] a partire da domani 11 giugno. »). L'ambasciatore francese, già comprensibilmente scosso per la situazione militare del suo paese, rispose a Ciano:  «È un colpo di pugnale a un uomo in terra. I tedeschi sono padroni duri e ve ne accorgerete anche voi».

Alle ore 18 di quel "fatidico" 10 giugno, quindi, il Capo del Governo Benito Mussolini annuncia alla folla "oceanica" di Piazza Venezia e alle centinaia di migliaia di italiani in ascolto alla radio, l'inizio delle ostilità tra l'Italia, a fianco della Germania, e la Francia e l'Inghilterra ("La dichiarazione di guerra è già stata consegnata agli ambasciatori di Gran Bretagna e di Francia"). 

Che cosa indusse Mussolini a condurre il paese alla catastrofe? Consapevole della totale impreparazione militare, non aveva voluto dare ascolto al Re, nè al generale Favagrossa che presiedeva l'industria dell'armamento, nè alla alta burocrazia dello Stato nè alla Chiesa. Secondo Renzo De Felice, biografo del capo del fascismo, furono essenzialmente due i motivi decisivi. Per primo, la Francia ormai in ginocchio, sopraffatta dalle truppe germaniche, la cui sconfitta imminente avrebbe lasciato fuori l'Italia dalla prevedibile spartizione di territori e risorse. Poi, fattore assolutamente non secondario, la paura di un'invasione sul territorio italiano da parte dei tedeschi, in lui sempre più forte. "Non possiamo tirarci indietro", disse dopo aver letto il rapporto di Alfieri, ambasciatore italiano in Germania, sulla sua ultima conversazione avuta con Göring. "Dopo  la Francia, potrebbe toccare a noi".  

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A sinistra è visibile la prima pagina del Corriere della Sera dell'11 giugno 1940 che riporta la dichiarazione di guerra alla Gran Bretagna e alla Francia, annunciata dal Capo del Governo alla folla "oceanica" di Piazza Venezia. Le "ovazioni urlanti" di quel pomeriggio del 10 giugno si spensero presto, davanti alle prime sconfitte che la propaganda fascista cercava con ogni mezzo di tenere nascoste alla popolazione. 

E il RE?

Vittorio Emanuele III è preoccupato e rassegnato e, come molti milioni di italiani di allora, vede la guerra come una "sgradita necessità", come risulta da una nota sul diario di Ciano del 1° giugno 1940.

Eppure, dopo la dichiarazione di guerra...

Nei confronti della Francia, gli ordini diramati dal Comando italiano a seguito della Dichiarazione di Guerra erano di NON intraprendere alcuna azione militare oltre la frontiera italiana con la Francia, geograficamente delimitata dalla Catena Alpina, fino al Mar Mediterraneo tra Mentone e Ventimiglia, ma di rimanere su posizioni difensive. La notte dell'11 giugno, inaspettato, un aeroplano francese sorvola la città di Roma lanciando volantini contro la guerra e creando un enorme scompiglio tra i soldati italiani nei dormitori delle caserme, come racconta il grande Alberto Sordi in un'intervista rilasciata alla RAI TV nel 1990.

Nel video Youtube a sinistra, il compianto Albertone nazionale racconta l'episodio dell'"aeroplanino" francese che lanciò i volantini su Roma la notte dell'11 giugno 1940 e tutto lo scompiglio che generò tra gli impreparati militari italiani. Nella foto a destra, il Forte dello Chaberton (leggi sotto).

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Si comincia a fare sul serio. 

 

Nella notte fra l'11 e il 12 giugno 1940, una formazione di aerei britannici bombardò Torino. Nella nottata successiva i bombardieri italiani, per ritorsione, si diressero sulla Francia meridionale, sulla Tunisia e sulla Corsica (questi ultimi due obiettivi assolutamente non significativi dal punto di vista strategico), colpirono alcune città costiere e, in particolare, la base navale di Tolone.

Mentre il 14 giugno Parigi veniva occupata dalle truppe tedesche e il governo francese riparava a Bordeaux, il 15 giugno una squadra navale francese composta da 4 incrociatori e 11 cacciatorpediniere si diresse contro la Liguria e aprì il fuoco contro il porto di Genova e i depositi di carburante di Vado. A rispondere al fuoco francese furono le artiglierie costiere e le varie unità sparse lungo la costa, ma inefficacemente. A seguito del bombardamento navale francese, Mussolini, resosi conto della imminente capitolazione francese, decise di cambiare l'atteggiamento, passando dalla difensiva all'offensiva: l'azione doveva cominciare il 18 giugno ma il Maresciallo Badoglio, Capo di Stato Maggiore Generale, rispose che l'esercito non poteva attaccare prima del 5 luglio. In tutta fretta, il 21 giugno, venne allestito un reparto con il compito di conquistare il forte di Traversette, posto a controllo del colle del Piccolo San Bernardo. Il Comando italiano sperava di trovare una linea difensiva francese fortemente indebolita dal trasferimento a Nord di truppe che dovevano far fronte all'innarrestabile avanzata dell'esercito Tedesco ma i francesi erano tutt'altro che demoralizzati per le perdite subite ed opposero agli invasori italiani una strenua resistenza. Inoltre, la batteria dello Chaberton (conosciuta anche come Forte dello Chaberton - vedi foto sopra), una fortificazione eretta dal Regio Esercito nell'alta Valle di Susa tra il 1898 e il 1910, con successivi ulteriori interventi, sulla cima del monte Chaberton, a 3130 m s.l.m., fu quasi totalmente messa fuori uso (sei torrette su otto) durante la giornata del 21 giugno dagli obici francesi. Alla fine della prima giornata di ostilità sulle Alpi, i soldati italiani riuscirono quindi a penetrare in minima parte nel territorio francese. La Regia Aeronautica, tra il 21 e il 24 giugno, ottenne parimenti scarsi risultati: su 285 apparecchi da bombardamento che si alzarono sulle Alpi, più della metà ritornarono alla base senza aver individuato gli obiettivi. Il 22 giugno la delegazione francese firmò le clausole dell'armistizio con i tedeschi, mentre il giorno successivo cominciarono a Roma le trattative per l'analogo documento italo-francese. Alle 19:15 ora italiana del 24 giugno, il generale Huntziger e il maresciallo Badoglio firmarono il testo dell'armistizio, che fissava un periodo di sei ore, allo scadere delle quali dovevano cessare le ostilità, ma che furono conteggiate a partire dalle 19:35, ora della trasmissione della copia del documento al governo Tedesco. Le operazioni di guerra sulle Alpi cessarono conseguentemente all'1:35 del 25 giugno. I giorni di battaglia del 23 e del 24 giugno non furono comunque molto diversi dai precedenti, nonostante la pressione che Mussolini faceva per ottenere uno sfondamento nel fronte francese su tutto l'arco alpino occidentale. L'avanzata italiana, alla fine della battaglia, si ridusse ad una manciata di chilometri, fermandosi a Mentone. Tra i diversi morti e feriti che ci furono da parte italiana, ci furono anche casi di congelamento causati dall'equipaggiamento non idoneo delle truppe italiane.

La comunità internazionale delle nazioni "civili" fu molto critica nei confronti dell'azione militare italiana contro la Francia: essa fu vista, a piena ragione, come un colpo inferto alle spalle di un avversario già in ginocchio.

Perché un caccia francese, se questo è un sito dedicato alla RAF e alla Regia Aeronautica? 

 

Dopo la capitolazione della Francia, sancita dal secondo armistizio di Compiègne che fu firmato il 22 giugno 1940, la parte settentrionale e le coste atlantiche finirono sotto diretto controllo della Wehrmacht, mentre la Francia meridionale rimase formalmente indipendente sotto un Governo francese (Repubblica di Vichy).

Il materiale bellico che i francesi lasciarono sul campo nella parte nord fu requisito dall'esercito tedesco (cannoni, carri armati, aerei, etc.) e fu (in buona parte) riutilizzato dall'Asse. Per quanto riguarda l'Arma Aerea francese, gli aerei della Luftwaffe erano superiori tecnologicamente e quindi i tedeschi non avevano interesse a "inglobare" gli aerei francesi. L'Italia, che era alleata della Germania, all'inizio delle ostilità schierava, nella linea caccia, i già obsoleti biplani Fiat CR 42 e i "ferri da stiro volanti" Fiat G. 50; nella preda bellica francese gli italiani trovarono quindi diversi "pezzi" interessanti e validi. Complessivamente, 670 aerei della Armeè dell'Air furono incorporati nella Regia Aeronautica: 482 rimasero su territorio francese e 135 furono trasferiti in Italia. In particolare, il Dewoitine D 520 ottenne una ottima valutazione da parte dei piloti italiani che lo collaudarono e gli esemplari a disposizione furono quasi tutti trasferiti in Italia per le ulteriori prove (35 D 520 su 38). Con i 910 cv del motore Hispano Suiza, il caccia raggiungeva i 534 km/h di velocità massima, quindi era più veloce di tutti i caccia in dotazione alla Regia in quel periodo e, soprattutto, era ben armato, con quattro mitragliatrici alari da 7,5 mm e con un cannoncino da 20 mm sparante dal mozzo dell'elica.

Note Modellistiche: il D 520 non è certo un soggetto famoso come altri suoi contemporanei; ne sono esistite, nel passato più o meno recente, alcune riproduzioni che descriverò brevemente prima di parlare in dettaglio dell'Hobby Boss.

Iniziamo dalla scala 1/72 e dal più vecchio: Frog

Il kit della ditta inglese, scomparsa da quarant'anni, risale al 1963; era venduto (come gli Airfix dello stesso periodo), in una bustina di plastica trasparente, chiusa da un cartoncino ripiegato e spillato alla plastica. Il cartoncino, visibile nella foto a destra, conteneva sul fronte un disegno a colori dell'aereo, sul retro le informazioni per la colorazione e la posa delle decal e al suo interno le istruzioni per il montaggio. Il foglio decal, purtroppo non ben visibile in foto per incompatibilità di formato, offriva due versioni, una Armeè dell'Air e una Regia Aeronautica, con i fasci e i codici della 370° Squadriglia, 24° Gruppo Autonomo, di stanza a Lucca nell'agosto del 1943.

Il kit era composto da meno di 30 pezzi e il canopy era in pezzo unico, piuttosto spesso, che nulla lasciava vedere degli interni (pavimento, sedile e "pilotino"). il kit, anche se basico, complessivamente non era male: alettoni e timoni erano pezzi separati e quindi potevano essere montati in posizione "mossa". Il dettaglio superficiale, in rilievo, era abbastanza accurato anche se un po' di flash era presente. Il montaggio non presentava particolari problemi; bisognava prestare un po' di attenzione alle ali che nella parte inferiore erano divise in tre pezzi invece che nei soliti due, ma tutto qui. Oggi il kit è ancora reperibile su internet (anche con il marchio Novo, la ditta russa che rilevò sul finire degli anni '70 gli stampi della Frog) a un costo accettabile, per chi volesse oggi cimentarsi nella sua costruzione.

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All'incirca Negli stessi anni del Frog, ovvero nel 1964, la Heller (da buona casa francese) dedicò alcune scatole di montaggio agli aerei della Armeè dell'Air, tra i quali appunto il D 520. 

​Il kit è rimasto a listino per molti anni, prima con la scatola in cartoncino sottile, in varie versioni di grafica, poi con quella di cartoncino più spesso di colore nero, fino agli anni 80 quando fu riproposto con la scatola a marchio "unificato" Heller Humbrol e, in tempi più recenti, con il marchio Smer. il kit Heller, pur essendo "nazionalista", è, al pari del Frog, piuttosto "basico" e gli interni si riducono al seggiolino (da incollare internamente sulle ali e al "solito" pilotino). I pezzi sono pochi e gli incastri piuttosto imprecisi. Il risultato è mediocre, pur con una buona dose di lavoro. Decal solo francesi.

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Negli anni '80 la Hasegawa dedicò un discreto kit a questo caccia francese: le pannellature sono ovviamente incise, il dettaglio superficiale è buono, ma i pezzi che lo compongono, suddivisi in cinque stampate di plastica grigia più i trasparenti, non sono molti. Gli interni consistono in un pavimento, un sedile piuttosto bruttino, una cloche e un pannello strumenti (da completare con una decal). Il canopy è in tre pezzi ma l'elemento centrale, la parte mobile nella realtà, è solidale con il parabrezza e quindi è impossibile montarlo aperto. Negli anni '90 l'Hasegawa ha cambiato il box (ma lasciato inalterati gli stampi) e fornisce solo decal della Repubblica di Vichy. Ovviamente il risultato finale è decisamente superiore a quello dei due kit che lo hanno preceduto; con un po' di lavoro in più, soprattutto nella zona interni (se si riesce a superare il problema del canopy chiuso), può venir fuori una dignitosa riproduzione del caccia francese.

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In tempi ancora più recenti, la RS Models (Repubblica Ceca) ha "sfornato" in Short Run una più che degna riproduzione del D 520: 38 pezzi in tutto, compresi i tre pezzi del canopy (stampati allo stesso modo del modello Hasegawa). il dettaglio superficiale è molto buono; i pozzetti carrelli sono ben riprodotti e gli interni includono oltre al seggiolino e al pannello strumenti, la pedaliera con relativa tiranteria e una cloche molto ben realizzata. Sulle pareti interne della fusoliera è anche riprodotta la struttura. Per il kit sono disponibili due "box" diversi, ognuna con 5 versioni di decals. La prima consente di realizzare quattro Vichy e 1 Luftwaffe e l'altra contiene decals per l'aviazione bulgara, per l'aereonautica della Marina Francese e della Regia Aeronautica. E' disponibile anche un kit di dettaglio aftermarket della Brengun in fotoincisione che contiene diversi particolari per gli interni e per il radiatore ventrale e fornisce le grembiolature carrelli. Al momento, il kit RS Models è la migliore riproduzione disponibile in 1/72, soprattutto se completata con le parti in fotoincisione degli interni che, per essere valorizzate al massimo, richiederebbero un canopy "apribile". Una possibilità in tal senso è offerta dal set di canopy in vacuform della Falcon dedicato ai caccia francesi (tra i quali il D 520). 

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Veniamo infine al Dewoitine D 520 dell'Hobby Boss: la scatola è piuttosto grande rispetto al contenuto (27 pezzi in tutto). La fusoliera e le ali sono realizzate in un pezzo unico ciascuno (vedi foto ad inizio articolo) e le decal sono per 2 versioni (Battaglia di Francia e Repubblica di Vichy). Lo stampo della fusoliera contiene anche il "pozzetto" degli interni, decisamente sottodimensionato per la scala 1/72, che è composto da un seggiolino (veramente "ino") e da una cloche piuttosto "denutrita". Il dettaglio superficiale è buono (tranne sulla parte superiore del cofano motore, dove lo stampo presenta un leggero ritiro e una striscia di flash, la cui rimozione richiederà particolare attenzione per non rovinare le pannellature. Gli incastri sono abbastanza precisi (a meno del flash) e le parti si montano facilmente e (in teoria) senza l'uso di stucco o cianoacrilato, e di colla, il cui uso è comunque consigliabile per la stabilità delle parti a lungo termine. il canopy è in pezzo unico ma è ben riprodotto. Come scrivevo sopra, la parte più carente sono gli interni: il pozzetto è davvero ridotto e, armandosi di coraggio e di un minitrapano con punta a fresa, si dovrebbe asportare tutto e ricostruirlo ex novo facendo ricorso al magazzino pezzi e/o al set di dettaglio in fotoincisione della Eduard, in realtà "dedicato" al kit Hasegawa ma adattabile con un po' di lavoro anche all'HB e al set di canopy Falcon sopracitato. 

Detto questo, il kit si monta bene (come tutti gli altri Hobby Boss che ho visto, devo riconoscere); l'unica difficoltà per me sarebbe, se decidessi di trasformarlo nel mio prossimo progetto, di reperire le decal per un esemplare della Regia... Un articolo completo sugli aerei francesi utilizzati nella R.A. fu pubblicato su Storia Modellismo nel lontano 1980 e si può ritrovare qui.

A chi fosse interessato a un D 520 in scala 1/48, segnalo il kit Tamiya, che è disponibile in due proposte, una "naked", ovvero con il solo kit del D 520 e una "bundled" con figure e una riproduzione della famosa Citroen 11 cv. La qualità della realizzazione della nota casa giapponese è indiscussa (anche se il kit non è recentissimo). Il dettaglio superficiale è molto buono (ovviamente con pannellature incise) e gli interni sono completi. Sono anche disponibili i flap separati (con relativa struttura interna) che possono essere quindi montati in posizione aperta. Anche il radiatore ventrale può essere montato con il pannello di scarico chiuso o aperto. Il montaggio è nello standard (elevato) Tamiya e quindi molto preciso. Le decal, realizzate dalla Scale Master, sono per tre versioni (di cui due sottovarianti). Il modello della Citroen è adeguatamente dettagliato per la scala (piuttosto inconsueta rispetto alla più diffusa 1/43). Completano il kit due figurini in piedi (pilota e ufficiale di terra).

Anche per il Tamiya è disponibile un set aftermarket della Eduard in fotoincisione con dettagli ulteriori per gli interni e per le grembiolature carrelli, uno in resina della Hi Tech che contiene anche gli alettoni e il timone verticale. Di altre ditte sono disponibili le maschere per la verniciatura in nastro adesivo.

L'unico minus: il prezzo, piuttosto "salato" (circa 40 €).

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Se la scala 1/48 non è abbastanza, è disponibile un kit in scala 1/32 della Azur. Si tratta di una realizzazione in short run con diversi pezzi aggiuntivi in resina (per gli interni) e fotoincisioni (pannello strumenti, pedaliera e cinture di sicurezza). Il montaggio richiede notevole lavoro e attenzione, sia per il dettaglio (data la scala) sia per alcuni particolari piuttosto imprecisi (accoppiamenti ala fusoliera, elica, cofano motore, radiatore ventrale).  Per sopperire a questi difetti è disponibile in aftermarket un kit in resina della Contact Resine, ma ne risentirà (alquanto) il vostro portafoglio. E' da sottolineare la proposta Azur di decal che sono per una versione Luftwaffe e per una R.A. in alternativa alla "classica" Armée dell'Air. Il prezzo? tra i 35-40 €.

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AG 2018