SPECIAL HOBBY
IMAM Ro. 57 Bis
(scala 1/72)
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Ma come: una recensione di un modello "vecchio"?

 

Tra i modellisti "navigatori" che, per puro caso si fossero ritrovati a scorrere le pagine web di questo mio "modesto" sito dedicato agli aerei della Regia Aeronautica e della RAF nel Secondo Conflitto Mondiale, sarà sicuramente sfuggito un simile commento... La stessa domanda la avevo posta a me stesso, ma poi ho pensato: a qualcuno che, come me, è appassionato di aerei italiani della 2a GM, queste poche righe potranno tornare utili... avessi avuto io ai miei tempi la possibilità offerta da internet di disporre, in pochissimo tempo e GRATIS, di tutte queste preziose informazioni... Trent'anni fa c'erano solo le riviste specializzate che purtroppo costavano care (soprattutto quelle d'importazione dall'Inghilterra o dagli Stati Uniti) e i rari momenti di confronto con gli altri modellisti (le riunioni dell'Associazione o le Mostre).  Nunc ad me redeo... come scriveva il (buon) Orazio: ritorniamo all'MAM Ro. 57. Quale sia stata la sua nascita e (prematura) scomparsa durante gli ultimi mesi prima dell'armistizio dell'8 settembre, abbiamo già scritto narrando la storia dello Stuka della Regia Aeronautica. In questa pagina aggiungerò qualche altra considerazione prima di parlare del kit. Chi non fosse interessato alle note storiche, le potrà saltare a pie' pari e passare a quelle modellistiche ma, se non sono troppo noiose, val la pena dare a queste un'occhiata, quanto meno per "inquadrare" storicamente l'aereo di cui si esamina una sua realizzazione. 

La Guerra Civile Spagnola e la fondazione dell'impero in Africa Orientale Italiana.

 

​​Siamo nel 1936: l'Italia è militarmente impegnata nella Guerra Civile Spagnola dove, insieme alla Germania Nazista, sta combattendo al fianco dei Nacionales di Francisco Franco contro i Republicanos, guidati dal Fronte Popolare salito ufficialmente al potere nel 1936 dopo l'abdicazione e l'esilio di Alfonso XIII avvenuto nel 1931. L'anno prima, nel 1935, l'Italia aveva dato anche inizio a una guerra di espansionismo coloniale, ben messa in risalto dalla propaganda fascista. Il 3 ottobre 1935, l'Esercito Italiano, inizialmente al comando del Generale Emilio De Bono, invade l'Etiopia. Dopo alcuni mesi di combattimenti, l'avanzata italiana procede a rilento, sia per la resistenza delle popolazioni locali sia per le asperità del terreno, privo di vie di collegamento. La Regia Aeronautica, che sul suolo africano opera in totale supremazia, fornisce appoggio tattico bombardando le postazioni etiopi, ma ancora non basta ad accelerare l'invasione. Mussolini, temendo un inasprimento delle Sanzioni comminate dalla Società delle Nazioni (vedi sotto), destituisce De Bono e al suo posto nomina il Maresciallo Badoglio che, anche con l'utilizzo di armi chimiche vietate dalla Convenzione di Ginevra, ottiene la vittoria, entrando ad Addis Abeba il 9 maggio 1936 alla testa delle truppe italiane che cantano "faccetta nera". La guerra d'Etiopia e la fondazione dell'Impero si rivelarono però un clamoroso fallimento per il regime fascista dal punto di vista economico, poichè i costi (4 miliardi di lire di allora) furono elevatissimi e la prevista colonizzazione dei suoi territori da parte di centinaia di migliaia di contadini italiani si ridusse a quella di poche centinaia di famiglie.

​C'è da dire poi che lo sforzo economico e di risorse delle guerre di Spagna e di Etiopia ridusse considerevolmente le capacità militari italiane e la scarsa capacità produttiva non fu in grado di assicurare i necessari rimpiazzi per affrontare la guerra mondiale che sarebbe seguita di lì a pochi anni.

Inoltre, con la dichiarazione di guerra dell'Italia del 10 giugno 1940, l'Africa Orientale Italiana divenne irraggiungibile, a causa della inaccessibilità delle navi italiane di rifornimenti al canale di Suez e allo stretto di Gibilterra, controllati dagli inglesi.

Da parte avversa, i mercantili inglesi, durante i primi mesi del conflitto, non attraversavano il Mediterraneo per timore di affondamenti da parte del naviglio italiano e tedesco e soprattutto dei sommergibili (l'Italia ne aveva più di 100) e preferivano raggiungere, con la circumnavigazione dell'Africa, il Sudan, assicurando quindi con continuità rifornimenti alle truppe di stanza in quella regione, confinante con l'Etiopia italiana.

L'"impero" durò poco più di 5 anni, fino al dicembre 1941, disgregandosi rapidamente con la sconfitta delle truppe italiane nella Battaglia di Cheren, dopo 54 giorni di violentissimi combattimenti con le truppe inglesi e la successiva resa sull'Amba Alagi delle truppe italiane al comando del Duca d'Aosta il 17 Maggio 1941, dopo una valorosa resistenza fino allo stremo delle forze. 

 

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Amedeo di Savoia (1898-1942), terzo Duca d'Aosta, ex vicerè d'Etiopia, riceve dall'esercito inglese l'onore delle armi dopo la resa delle truppe italiane sull'altopiano dell'Amba Alagi il 17 maggio 1941. L'Africa Orientale Italiana e l'impero sono ormai prossimi alla fine, dopo soli 5 anni e mezzo.
La prima pagina del Corriere della Sera del 10 maggio 1936, il giorno dopo l'ingresso di Badoglio ad Addis Abeba, annuncia agli italiani la fondazione dell'Impero.
Volantino originale del 1935 contro le Sanzioni Economiche comminate dalla Società delle Nazioni dopo l'invasione dell'Etiopia (leggi sotto). 

Il ritorno "trionfale" di Haile Selassie ad Addis Abbeba su un'Alfa Romeo

 

Il 5 maggio 1941 il Negus Haile Selassie entrò ad Addis Abeba su un'Alfa Romeo scoperta, preceduto dal colonnello Wingate su un cavallo bianco. Il Negus Neghesti, appena rientrato ad Addis Abeba, esortò tutti gli etiopi a non vendicarsi sugli italiani e a non ripagare loro le atrocità che avevano commesso per cinque anni:

« Non ripagate il male che vi hanno fatto, non macchiatevi le mani con atti di crudeltà. » (fonte: Wikipedia).

 

Gli Italiani in Etiopia resistono ancora.

 

​​In verità, la resistenza italiana in Etiopia continuò fino alla fine di novembre del 1941 grazie alla Guarnigione di Gondar, con i suoi 40.000 soldati comandati dal Generale Guglielmo Nasi. Le difficoltà di approvvigionamento, non tanto di viveri che erano reperiti in loco anche tramite la pesca nel vicino lago Tana ma di materiali bellici, ridussero progressivamente le capacità di difesa e offesa nei confronti delle truppe britanniche. Nell'ultima e decisiva battaglia di Gondar, il 27 novembre del 1941, i soldati italiani, armati soltanto dei loro fucili e del loro coraggio, si trovarono davanti i carri armati inglesi e dovettero arrendersi. Alle valorose ma male equipaggiate truppe italiane, gli inglesi tributarono gli onori militari. 

Le Sanzioni Economiche.

La Società delle Nazioni reagì piuttosto blandamente all'atto di conquista fascista, emanando il famoso provvedimento delle Sanzioni Economiche nel 1935. Dico blandamente perché numerosi paesi, pur avendole votate ufficialmente, mantennero buoni rapporti con l'Italia, rifornendola di materie prime. La Germania, che era uscita dalla Società delle Nazioni nel 1933, continuò a inviare rifornimenti in Italia, ma c'è da dire che fino al 1936 li avrebbe assicurati anche al Negus Hailé Sellasié, quindi alla parte avversa. L'Inghilterra consentì il passaggio delle navi italiane cariche di rifornimenti ed armi che attraversavano il Canale di Suez dirette al Corno d'Africa. Inoltre, le sanzioni non riguardarono materie di vitale importanza, come ad esempio il carbone e il petrolio; quest'ultimo continuò ad arrivare dagli Stati Uniti d'America, che non erano membri della Società stessa e quindi non erano tenuti a rispettarne le leggi. La risposta della propaganda fascista alle Sanzioni, che in realtà durarono solo sette mesi, fu l'Autarchia: gli italiani dovevano acquistare solo prodotti nazionali e questa crescita della domanda del mercato interno fece aumentare la produzione delle industrie italiane. Un altro risultato positivo fu lo sviluppo della ricerca scientifica soprattutto nella chimica che, grazie alla Montecatini (poi diventata Montedison), culminò con la scoperta del Moplen (polipropilene isotattico) nel 1954 da parte del chimico Giulio Natta (al quale fu assegnato il premio Nobel per la chimica nel 1963). La ricerca scientifica e chimica delle industrie italiane fu poi progressivamente ridotta fino a scomparire del tutto nei decenni successivi.

 

La nascita di un nuovo tipo d'aereo: il caccia assaltatore.

​​Nel febbraio 1936 la Regia Aeronautica emanò un bando per la realizzazione di un caccia assaltatore, ovvero di un aereo in grado di svolgere compiti diversi, dal bombardamento a volo radente al bombardamento in picchiata e al mitragliamento delle postazioni nemiche. Queste diverse caratteristiche richiedevano ai progettisti di prevedere diverse installazioni belliche, ognuna delle quali comportava aggravi di peso, come le blindature per difendersi dalla contraerea e le armi da lancio per il mitragliamento a terra e da contrapporre ai caccia nemici. Inoltre occorreva installare un carico di caduta adeguato per la distruzione di obiettivi terrestri e per l'assalto; l'aereo doveva anche disporre di una buona velocità massima e di una ottima manovrabilità. Tutte queste "aggiunte" avevano però l'effetto negativo di sovrapporre caratteristiche differenti, spesso incompatibili tra loro. Al bando risposero tre Ditte di Costruzioni Aeronautiche: la Breda con il Ba 88, la Fiat con il CR 25 e l'IMAM con il Ro. 57. Il Ba 88 sembrava il più "adatto" dei tre  e vinse il concorso, ma sappiamo la fine che in realtà fece. Il Fiat CR 25 (anch'esso realizzato in kit dalla Special Hobby) trovò la sua ideale collocazione come caccia bombardiere ricognitore e fu con successo utilizzato per la scorta ai convogli navali. L'IMAM non si diede per vinta e pensò di modificare la destinazione d'uso del suo prototipo da caccia assalto a caccia bombardiere veloce con il Ro. 57 bis. Ma, come ho scritto prima, un aereo che era stato progettato per rispondere a una ben precisa caratteristica, difficilmente poteva "trasformarsi" efficacemente in qualcos'altro. Se poi si aggiungono i limiti strutturali (la cellula a tubi gli garantiva leggerezza ma meno aerodinamicità) e la scarsa potenza dei motori Fiat A. 74 allora disponibili che limitavano la velocità massima e la capacità di un armamento da caduta, il risultato finale fu un "ibrido" piuttosto deludente. In assetto "militare" completo, poi, anche le prestazioni in velocità massima peggiorarono, non rendendolo adatto neppure al nuovo previsto ruolo di caccia bombardiere "veloce". Nonostante i limiti del Ro. 57 bis, la Regia Aeronautica, sempre con l'italica propensione ad accontentare (e a far guadagnare) tutti, propensione che non si è persa nei decenni successivi ma anzi si è rafforzata, allargandosi a molte altre amministrazioni pubbliche, ne richiese una commessa di 200 esemplari. Di questi, ne furono effettivamente realizzati solo 75 e consegnati poco più di una cinquantina che, ironia della sorte, subirono tutti una fine ingloriosa, distrutti a terra sul campo di Crotone da un bombardamento alleato di B 24.

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Nel disegno a sinistra è ben visibile la struttura tubolare  delliMAM Ro 57 bis (qui in versione bombardiere) leggera e robusta ma poco efficiente aerodinamicamente.

Nota modellistica.

Siamo nel 2004: la Special Hobby, uno dei marchi della Ceca MPM, presenta sul mercato modellistico, sia nella scala 1/72 che nella scala 1/48, un kit dedicato all'IMAM Ro. 57 bis. In verità, in Italia i kit sono arrivati nel 2009 quando le scatole della SH sono state importate per la prima volta dalla Corel di Milano. I due kit hanno un impianto simile: stampi short run per la fusoliera e le ali e parti collegate, styrene trasparente per il canopy e resina per i motori (e fotoincisioni, che però nella scatola in mio possesso non ci sono: forse è un "upgrade" del kit più recente rispetto a quello che ho acquistato).

Cominciamo dalla scala più piccola, oggetto della pagina: 27 parti in styrene grigio, con il "tipico" aspetto dello short run. La finitura superficiale appare leggermente rugosa, ma secondo me non è tale da inficiare il risultato finale, al momento della verniciatura; precauzionalmente, si può passare una mano (leggera) di carta abrasiva fine bagnata prima di dipingere il modello.

Le pannellature sono incise finemente; gli accoppiamenti non sono molto precisi (mancano i perni di riscontro) e quindi particolare attenzione dovrà essere serbata nelle fasi di montaggio, soprattutto per i pezzi più grandi.

Gli interni sono composti da un pavimento che comprende anche la piastra posteriore di blindatura, da un seggiolino, da una cloche e da un pannello strumenti in resina con incluso collimatore. Anche il seggiolino, che comprende le cinture di sicurezza e il pannello strumenti sono in resina. Le fotoincisioni consentono di realizzare in alternativa il pannello strumenti con un pezzo sagomato e gli strumenti forati per realizzare i quali è annesso un apposito film pre-verniciato da collocare posteriormente al pezzo in lamierino di ottone preforato. Le pareti laterali dell'abitacolo sono lisce e non credo che siano disponibili kit aftermarket di dettaglio in fotoincisione o resina per dettagliarli. Le NACA e i motori sono in resina; questi ultimi hanno i cilindri realizzati separatamente, che devono essere incollati negli appositi incastri. Poiché stiamo parlando di 14 cilindri su due file per 2 motori, il montaggio richiede MOLTA pazienza e precisione.

Le parti in fotoincisione servono per completare il carico di caduta, consistente in due bombe di diverso peso, che possono essere collocate (alternativamente) sotto la fusoliera. Il canopy è un solo pezzo (più una finestratura da montare sotto la fusoliera leggermente sovradimensionata) e le colorazioni proposte sono due, ma sostanzialmente simili (stesso Gruppo, il 97° di stanza a Ciampino; cambia solo il numero individuale nella fascia bianca in fusoliera).  Ci sono anche le decal con il tricolore in coda, ma si riferiscono al Ro. 57 Prototipo (oggetto di un'altra scatola - vedi foto). I colori consigliati sono Gunze Sangyo. Le decal sono poco originali ma sono ben stampate e non lasciano aloni una volta posizionate (il cosiddetto effetto silvering).

I difetti? Sia il kit in 1/72 che quello in 1/48 hanno la zona carrelli che convince poco (con un punto a favore ovviamente della maggiore scala). Una volta montato e verniciato, l'effetto finale è dignitoso, ma niente di che. Il suo principale merito è di essere l'unica riproduzione di questo sfortunato caccia bombardiere della Regia Aeronautica.

 

 

SCALA 1/48

Nella scala maggiore la Special Hobby si è impegnata maggiormente, come è giusto che sia. I 27 pezzi in styrene nel kit in 1/48 diventano ben 83, le parti in resina sono 62 e quelle in fotoincisione 21 (comprendono anche le cinture di sicurezza che nella scala più piccola sono solidali con il seggiolino in resina). Le versioni di mimetica proposta sono 3 rispetto alle 2 in 1/72, ma una è sicuramente errata perché propone superiormente i fasci alari neri su fondo bianco e inferiormente i fasci bianchi su fondo nero che, nel 1943, anno di entrata in servizio dell'aereo, non erano più utilizzati.

Gli interni sono maggiormente dettagliati rispetto alla scala più piccola, comprendendo anche la struttura tubolare che avvolgeva il sedile del pilota (e che mi ricorda molto l'Hurricane). A proposito del sedile, questo mi dà l'impressione di non essere il tipico sedile dei caccia/cacciabombardieri italiani, ma piuttosto di quelli tedeschi (???). Poiché anche in questa scala il canopy è in un solo pezzo, non conviene super dettagliare gli interni, già più che dignitosi, a meno di non realizzare in vacuform il tettuccio e aprirlo (come?). Il dettaglio superficiale è sicuramente all'altezza della scala anche se è alquanto a rischio per la necessità di uso di stucco/cianacrilato negli accoppiamenti (non in grande quantità, ma serve). Il montaggio è reso in questa scala più complicato dall'assenza dei pioli di riscontro: i pezzi sono più grandi e l'accoppiamento ali/fusoliera è sicuramente la fase più critica.

Chissà se l'Italeri avrà voglia di "lanciarsi" nella realizzazione di questo aereo... al momento preferisce gli aerei RAF, che di sicuro hanno più mercato...


 

 

 

AG 2017