REVELL
LOCKHEED HUDSON MK I/II
scala 1/72
rif. Cat. 04838
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Lockeed: un nome che ci ricorda un famoso scandalo...

 

Gli affezionati "navigatori" che già da qualche anno si "aggirano" tra le pagine web di questo mio sito dedicato al modellismo, ormai avranno intuito che, pur nel rispetto della mia dichiarazione d'intenti (disclaimer) ben esplicitata nella home page, talvolta commentare un (nuovo) kit o descriverne la realizzazione mi è di pretesto per ricordare o raccontare qualche episodio particolare della mia vita. 

Prima quindi di addentrarmi nell'analisi critica di questo (relativamente) nuovo kit che porta il marchio Revell, mi concederò una piccola digressione "sul tema" Lockheed. Chi non fosse interessato a leggere questa parte, può saltarla a piè pari e scorrere, spero con maggiore interesse, le righe che descrivono il kit dell'Hudson, oggetto della recensione.

Il 30 novembre del 1976 si apre l'inchiesta a seguito dello "Scandalo Lockheed": i vertici dell'azienda statunitense (oggi Lockheed Martin) ammisero di aver venduto a diversi Stati Esteri i propri aerei grazie alla corresponsione di denaro a politici e alti militari. Tra i paesi coinvolti ci furono i Paesi Bassi, dove risultò implicata la stessa monarchia, mentre in Germania, Giappone e in Italia risultarono corrotti dalla Lockheed i ministri e alcuni funzionari della Difesa che avevano il compito di valutare e selezionare le commesse militari. In Giappone fu coinvolto il Primo Ministro e in Italia furono rivolte gravi accuse al Presidente della Repubblica Giovanni Leone. L'aereo "spinto" dalle tangenti era il "mitico" Hercules C-130.

In quell'anno era ancora vivo mio nonno, che era un Maresciallo Maggiore dell'Esercito Italiano in pensione e, quando andavo a trovarlo, mi piaceva intrattenermi alla sua macchina da scrivere, una vecchia Remington portatile (se non erro) con la quale mi faceva preparare le minute di (finte) sue richieste di Pensione di Invalidità che sarebbero state indirizzate alla "first lady" di allora, la moglie del Presidente Leone, signora Vittoria. In realtà le sue pretese sarebbero state pienamente giustificate, essendo stato ferito in Africa Settentrionale, durante la Seconda Guerra Mondiale, nella ritirata che seguì la sconfitta di Al Alamein. Ma la sua moralità e il suo orgoglio di ex combattente gli impedivano di "elemosinare" poche decine di migliaia di lire in più di pensione per una ferita inflitta dal "nemico" durante l'esercizio dei suoi doveri di militare e di sottufficiale. 

Allora c'erano già le televisioni private e a Napoli (la città dove sono nato e ho vissuto fino all'Università), una delle più attive allora (ma anche oggi) era Canale 21. Questa emittente mandò in onda, proprio nel 1976, una delle trasmissioni più seguite e famose ancora ai tempi odierni: il Tormentone. La trasmissione era condotta da Angelo Manna, una delle figure più eclettiche e colte della città partenopea. Questo giornalista, poeta, musicista istintivo (non aveva studiato musica ma suonava discretamente il pianoforte "ad orecchio" e sapeva cantare), aveva iniziato la sua carriera nel 1960 presso il quotidiano il Mattino, che lasciò nel 1971 e, dopo altre esperienze, approdò a Canale 21 dove gli fu affidata la trasmissione di cui sopra. In brevissimo tempo raggiunse una ragguardevole popolarità, che lo convinse poi a presentarsi per la carica di Deputato al Parlamento Italiano nel 1983 (come candidato indipendente nelle liste del MSI). Fu eletto per due tornate elettorali e i suoi colleghi (ma anche persone fuori dal Transatlantico) si rivolgevano a lui con l'appellativo di "Onorevole tormentone". Durante le trasmissioni del Tormentone che andarono in onda dopo lo scandalo Lockheed, Manna concludeva i suoi monologhi accusatori, sempre accesi nei confronti dell'uno o l'altro uomo pubblico colpevole di questa o quella nefandezza, invitando il Presidente Giovanni Leone a dimettersi perché lo riteneva coinvolto nello scandalo. Le accuse erano motivate dall'amicizia che legava Giovanni Leone ai fratelli Lefrevbre, che erano gli intermediari della Lockheed in Italia e quindi i "latori" delle tangenti. In realtà, la commessa degli Hercules che provocò lo scandalo era stata ordinata alla Lockheed alcuni anni prima, durante i due governi Rumor (dal 1968 al 1970). A seguito dell'inchiesta, nel 1979 fu riconosciuto colpevole e arrestato l'allora Ministro della Difesa Mario Tanassi (secondo governo Rumor) e fu costretto alle dimissioni l'altro Ministro Luigi Gui (poi riconosciuto innocente dalla Corte Costituzionale). 

Già prima dei "tormentoni" di Manna nei confronti del Presidente della Repubblica, nel 1975 erano state presentate le interpellanze parlamentari del Partito Radicale, ad opera di Marco Pannella e Emma Bonino, che contestavano al Presidente le "discutibili" amicizie in campo politico-finanziario ed erano stati pubblicati gli articoli del settimanale l'Espresso a firma della giornalista Camilla Cederna che sollevavano dubbi sulla vita privata della moglie (la signora Vittoria di cui sopra). Ma tutti questi attacchi, in assenza di prove oggettive, non produssero inizialmente alcun effetto e Leone rimase al suo posto.

Dopo il rapimento e la morte di Aldo Moro nel maggio 1978, le polemiche si accesero nuovamente e il PCI chiese formalmente le sue dimissioni, che furono annunciate dal Presidente  Leone al popolo italiano sulla RAI TV il 15 giugno del 1978. Alle dimissioni contribuì anche la pubblicazione del libro "Giovanni Leone" della giornalista Camilla Cederna che fu citata in giudizio per diffamazione dai figli del Presidente. la Cederna fu condannata a erogare un cospicuo risarcimento in denaro alla famiglia Leone e il Tribunale sancì che le 600.000 copie del libro dovessero essere distrutte.

Poiché le accuse verso l'ex docente di Giurisprudenza dell'Università di Napoli (tra i suoi allievi ebbe anche un giovanissimo e purtroppo sfortunato Alighiero Noschese) non furono mai provate, venti anni dopo, nel 1998, Pannella e la Bonino scrissero a Leone una lettera di scuse come regalo per i suoi 90 anni. 

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L'Onorevole Angelo Manna, ai tempi della sua elezione alla Camera dei Deputati (1983)
Il famosissimo Lockheed C-130 Hercules, che fu al centro dello scandalo delle tangenti.
Il sesto Presidente della Repubblica Italiana Giovanni Leone

Una parentesi di "costume"...

 

Lo scandalo Lockheed divenne rapidamente un "gossip" per tutti gli strati della popolazione: ne se parlava al bar, dal barbiere, nelle conversazioni in famiglia... Mi ricordo persino che in una puntata di Domenica In, lo spettacolo di intrattenimento domenicale pomeridiano di Rai Uno ancora oggi in onda e che prese il via proprio nel 1976, il conduttore di allora (Corrado) chiedeva in un gioco a premi ad alcuni spettatori come si scrivesse la parola Lockheed...  

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Nella foto "vintage" è ritratto il popolare conduttore televisivo Corrado, in compagnia del suo cane lupo e della sfortunata valletta Dora Moroni, che fu coinvolta nel 1978 in un terribile incidente automobilistico (guidava lo stesso Corrado), mentre tornavano a Roma da una serata di spettacolo. La valletta e cantante rimase sei settimane in coma e, nonostante la lunga degenza che ne seguì, alcune funzioni del linguaggio restarono compromesse per sempre, troncando una molto probabile luminosa carriera nel campo dello spettacolo. 

Un'ultima parentesi di "poesia infernale"...

 

Prima di entrare (e sarebbe anche ora!, direte voi affezionati "navigatori") nel merito della recensione, vorrei concedermi un'ultima digressione che ha protagonista il compianto Angelo Manna di cui sopra. Come ho scritto, il Manna era persona di cultura, appassionato di poesia e poeta egli stesso. Mi piace ricordare un episodio risalente ai tempi del liceo, attinente a quest'ultima "parentesi". All'ultimo anno del liceo (Classico, nel mio caso), come era (e credo è) consuetudine, la nostra classe partecipò a una gita scolastica (partenza la mattina e ritorno il pomeriggio). Non chiedetemi dove andammo perché sono passati più di trent'anni e la mia memoria comincia a fare cilecca...

Ad ogni modo, durante il viaggio di ritorno, l'autista del pullman mise una cassetta nell'autoradio. Tutti avremmo pensato che fosse una cassetta di canzoni, ma... con nostro stupore riconoscemmo l'inconfondibile voce di Aldo Giuffré (prima dell'intervento alla gola) che recitava una poesia. E che poesia! (mi perdonino gli scandalizzati internauti):

 

'Miezz' a campagna

Madalena caca;

e cu 'na fronna

s' pulezza 'o mazz'.

'Aitano 'o Parulano

'a guarda; arrizza

e co 'na mano

s'accarezza 'o cazz'.

Immaginate noi ignari (e -quasi- imberbi) discepoli come sgranammo gli occhi a sentire declamare simili versi... Poi, guardandoci negli occhi, un'irrefrenabile risata suggellò adeguatamente quella "chiusa" decisamente sconcia. 

Molti di voi a questo punto diranno: e tutta 'sta volgarità che cosa c'entra? Calma, calma, datemi il tempo di spiegare... Il curatore di questa "singolare" antologia di poesie napoletane, denominata "L'inferno della Poesia Napoletana", era appunto il nostro "Onorevole Tormentone" Angelo Manna. Da questa antologia, che fu pubblicata nel 1974, fu tratto un audiolibro a 33 giri nel quale il Manna introduce con la sua voce dal forte accento napoletano l'antologia di poesie, recitate dalla splendida voce di Aldo Giuffrè, prima che un intervento chirurgico alle corde vocali la rendesse roca e gutturale. E qui mi fermo perché altrimenti verrebbero alla mente altri ricordi su una recita al Teatro Cilea con i Fratelli Giuffrè della Francesca da Rimini di Antonio Petito (con Aldo nei panni di Francesca con tanto di parrucca bionda e voce roca), dove non si riusciva a rimanere seduti composti tante erano le risate...

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La cover dell'Audio Guida L'inferno della Poesia Napoletana con voce recitante Aldo Giuffrè. Chi fosse "curioso" di scoprire questi "tesori" della poesia napoletana, può cliccare qui.

Finalmente parliamo dell'Hudson...

 

Tutti gli "internauti" che sono sopravvissuti all'interminabile sproloquio di cui sopra e tutti quelli (i più) che l'hanno saltato a piè pari, non vedono l'ora che io tiri i remi in barca e ritorni a parlare di quello che è l'argomento principale di questa pagina... la descrizione del kit Revell dell'Hudson.

 

In verità mi riservo ancora una premessa...

Di un aereo che avesse prestato servizio nella RAF nella Seconda Guerra Mondiale con il nome "Hudson" quasi non mi ricordavo... O meglio, diciamo che più correttamente ne avevo rimosso il ricordo... in qualche ripiano della libreria a giorno ove nel mio garage ho collocato la mia collezione "modellistica" (kit, documentazione e attrezzatura varia) giace a prendere polvere il vetusto Hudson dell'Airfix... 

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A sinistra la cover (edizione 1973) della scatola del "cinquantenne" (lo stampo risale al 1963) kit Airfix dedicato all'Hudson. Il kit era allora Series 4; in tempi più recenti (2006) è stato "arricchito" da un foglio decal con ben 4 versioni e solo in virtù di questo, è stato "innalzato" alla più costosa Series 5 (lasciando del tutto inalterati gli stampi).

Il contenuto della scatola (già quando lo acquistai trent'anni fa) era molto deludente: lo styrene, di un colore grigio argenteo, era di consistenza alquanto dura quindi fragile e, provando ad accoppiare le semifusoliere, si notavano ampie svergolature che non facevano combaciare le parti a riscontro. Ovviamente era un kit prodotto nell'era del rivetto, e anche l'Hudson ne aveva in abbondanza; a ciò si univano gli interni inesistenti, i motori stampati in modo molto approssimativo, in un unico pezzo con le Naca e i trasparenti spessi e stampati grossolanamente. L'unico plus (e moda del tempo) erano le parti mobili (alettoni, timoni di coda orizzontali e verticali) stampate separatamente. Anche i piloti erano scadenti: il mitragliere della torretta dorsale di coda non aveva le gambe e al posto delle mani aveva un anello che serviva a reggere le mitragliatrici (per usare un eufemismo) binate che costituivano l'armamento di difesa dagli attacchi provenienti da dietro.

Dal 1963 al 2006: 43 anni di attesa per un nuovo Hudson

 

Escludendo il kit Airfix sopra descritto, nessuna Casa Produttrice di kit in plastica si è cimentata fino in tempi recenti nella realizzazione di un kit dedicato al pattugliatore bombardiere in uso alla Raf nei primi anni di guerra (poi sostituito dal Lockheed Ventura II, di cui potete leggere su questo sito la recensione del kit Minicraft). Si è dovuto pertanto attendere sino al 2006, anno in cui la coraggiosa casa Ceca MPM ha realizzato un kit dedicato proprio all'Hudson nelle versioni Mk I/II. L'Italeri subito dopo ha pensato di cogliere la palla al balzo realizzando sulla base degli stampi MPM, con l'aggiunta di qualche modifica, un kit dedicato all'Hudson nella versione Mk IV/V/VI (i motori erano diversi rispetto alla versione precedente e poco altro). Il kit Italeri non è però attualmente a catalogo.

Anche la Revell ha pensato di attingere (come per il Boston) alla produzione MPM per arricchire il proprio catalogo, e quindi ha "inscatolato" con il marchio Revell gli stampi della MPM, non apportando alcuna modifica tranne un nuovo foglio decal.

Nell'immagine a sinistra è raffigurata la Box Art del kit MPM dedicato all'Hudson Mk I/II. Il suo contenuto è esattamente lo stesso che qualche anno dopo (2012) sarà commercializzato con il marchio Revell e del quale parleremo nelle righe seguenti. Anche la MPM omette, come farà anche la Revell, di specificare il costruttore Lockheed. Lo styrene è stampato in "short run" e il canopy, come segnala la banda triangolare in basso a destra, è stampato a iniezione.

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Eccoci al kit Revell

 

La scatola di colore azzurro che lo contiene è delle stesse dimensioni di quelle del Douglas Boston recensito su un'altra pagina del mio sito; anche per l'Hudson sull'intestazione della scatola non è riportata la marca del costruttore (Lockheed). L'illustrazione lo mostra in volo mentre sorvola un non ben definito naviglio in fiamme dopo un attacco. Non è chiaro se sia stato l'Hudson a far fuoco contro la nave o la stia sorvolando per verificarne i danni e chiamare i soccorsi. Di là da questo, sul lato della scatola il kit è identificato con lo Skill 5, il più alto, per la presenza di oltre 150 parti e notevole complessità di montaggio. In realtà, aprendo la scatola e studiando le istruzioni, ci si rende conto che degli oltre 150 pezzi (suddivisi in quattro sprue di stirene grigio e in una di trasparenti), una quarantina di questi NON sono utilizzati (ricordo che la MPM realizza più versioni di questo aereo) quindi il livello di complessità dovrebbe scendere almeno di un gradino.

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Nella foto a destra sono visibili le stampate di colore grigio medio, i trasparenti e le decal (per due versioni). Il dettaglio superficiale è molto buono e non tradisce l'origine "short run". I trasparenti sono sottili e molto limpidi (i finestrini laterali devono essere incollati uno alla volta). Le decal (che prevedono anche il cruscotto) sono ben stampate (in Italia) e come detto sopra,sono per due versioni (anno 1940).

Le istruzioni sono riportate in un fascicoletto piuttosto corposo; sono suddivise in 60 fasi, non di chiara lettura (vedi dopo) delle quali 58 descrivono il montaggio e le ultime due fasi/pagine illustrano la colorazione e la posa delle decal. Gli interni sono adeguatamente riprodotti ma il kit non offre alcuna possibilità di mostrarli, se non attraverso il canopy trasparente dell'abitacolo, con portelloni o pannelli apribili. Tutte le parti mobili sono solidali alle ali e ai timoni, quindi niente superfici "mosse"... In una delle fasi è illustrata la possibilità, agendo di bisturi, di montare una cupolina trasparente sul dorso della fusoliera (oltre alla torretta già prevista) ma questa versione, che dovrebbe essere la Mk III (e/o la Mk V) ha i motori diversi che sono effettivamente presenti nel kit, ma le istruzioni non fanno cenno alla possibilità di un'alternativa (e le decal fornite non consentono di realizzare questa variante). Le ruote sono perfettamente tonde e quindi non hanno l'effetto "peso" che dovrà essere ottenuto agendo di bisturi. Su qualche pezzo (in particolare le eliche) è presente un po' di flash che deve essere eliminato, con molta attenzione per non creare danni, con carta abrasiva. 

Sovrapponendo le stampate della fusoliera e delle ali ai disegni in scala, si nota qualche differenza ma la tolleranza massima è di circa 5 mm in lunghezza e di 3 millimetri in apertura alare. Tutto sommato ci si può anche stare, se si pensa che l'unica alternativa (attuale) è il vetusto e brutto Airfix... Alla data in cui scrivo non sono disponibili kit di dettaglio in fotoincisione ma solo maschere per la verniciatura. 

Conclusioni: al prezzo di 17 € (acquistato su Amazon) ci si può decisamente accontentare; i corrispondenti kit con marchio MPM sono generalmente più cari di circa il 30%. Con il marchio Italeri è invece reperibile (attualmente sul sito www.italeri.com non è però disponibile) l'Hudson nelle versioni Mk IV, V e VI. 

Il soggetto non è famosissimo quindi la sua eventuale assenza in una collezione di velivoli Raf della 2a Guerra Mondiale (quasi) non si noterebbe, ma visto che avevo già l'Airfix... (chissà se la nota casa inglese sta progettando un nuovo Hudson... dopo più di 50 anni sarebbe anche il caso...).

A beneficio di inventario, segnalo ancora che l'Italeri aveva a catalogo un Hudson Mk IV/V/VI sempre basato sul kit MPM, ma attualmente è fuori produzione.

In scala 1/48 si trovano (con una certa difficoltà) le proposte Classic Airflrames in styrene short run con parti addizionali (motori e interni) in resina. Ovviamente si tratta di realizzazioni per esperti (e di discreta disponibilità di spazio). 

Nella foto a sinistra è visibile la Box Cover del kit Classic Airframes (quarter inch scale) dedicato al Hudson Mk I. Il kit è composto da 67 parti di styrene grigio short run e da 28 parti di styrene trasparente, alle quali si aggiungono 34 parti in resina per gli interni. Le decal offrono, in alternativa alla versione militare (DG/DE per le superfici superiori e Nero Notte per quelle inferiori), una livrea in alluminio, che riproduce il Lockeed Model 14 (la versione civile) utilizzata nel 1938 dall'allora Primo Ministro inglese Arthur Neville Chamberlain per recarsi a Monaco per la firma degli Accordi di Monaco, disattesi da Hitler con l'invasione della Polonia il 1° settembre 1939.

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AG 2016