MACCHI CASTOLDI MC. 202
"Folgore"
Le origini e la storia.
La teorizzazione dell'impiego operativo dell'aereo come elemento di superiorità nei conflitti si deve a un militare italiano, il Generale Giulio Douhet (1869-1930) che, in un suo scritto del 1909, per la prima volta nel mondo, intuì che la supremazia aerea avrebbe avuto la stessa importanza di quella delle rotte marittime. Nel 1921 pubblicò "Il dominio dell'aria", il suo libro più noto, che ebbe molta fortuna all'estero, tanto da influenzare uno dei padri più illustri della nascente specialità dell'aeronautica militare USA, Billy Mitchell, che conobbe nel 1922. Douhet illustrò a Mitchell le sue teorie, essenzialmente basate sul bombardamento strategico, che gli inglesi e gli americani ebbero modo di applicare sull’Italia e sulla Germania durante il secondo conflitto mondiale. Quando per Regio Decreto nel 1923 fu fondata la Regia Aeronautica, Il Generale Douhet fu nominato Capo dell’Aviazione dall’allora Capo del Governo Benito Mussolini ma, la sua integrità morale e la notevole avversione per il compito “troppo burocratico”, gli fecero rinunciare ben presto a questo prestigioso incarico per tornare allo studio. Per sottolineare la sua integrità morale, nel 1915 l'allora colonnello Douhet fu condannato a un anno di galera nel carcere militare perché ingiustamente accusato dal Generale Cadorna, Capo di Stato Maggiore del Regio Esercito, di diffondere notizie riguardanti l'andamento delle operazioni di guerra. In realtà, il colonnello era stato incaricato dal Ministro della Guerra, che aveva grande considerazione di Douhet, di ricevere quotidianamente rapporti sull'operato di Cadorna. A causa dei dissidi tra Cadorna e il Ministro, uno di questi rapporti, intercettato da ufficiali fedeli a Cadorna, costituì il pretesto per l'accusa verso Douhet che fu costretto a subire l'ingiusta pena.
Già nel 1911 l’Esercito Italiano, per la conquista della Libia, aveva utilizzato per primo la nuova arma come mezzo di ricognizione e di offesa durante la Guerra italo-turca. Durante quel conflitto si verificò il primo bombardamento aereo della storia (con tre bombe a mano) da un velivolo operante a bassa quota, sopra un accampamento turco ad Ain Zara. Lo scoppio della prima guerra mondiale fu senza dubbio un potente stimolo allo sviluppo militare del nuovo mezzo aereo: la sua utilizzazione fu inizialmente quella di ricognizione, compito che fino ad allora era svolto da appositi reparti di cavalleria. Disponendo di una visione dall’alto, la nuova arma si rivelò estremamente utile per l’esplorazione del campo di battaglia e della disposizione e dei movimenti delle truppe avversarie e dei loro trinceramenti. La diffusione dell'Aviazione militare fu talmente rapida che, negli anni tra il 1913 ed il 1918, furono progettati 136 tipi di aerei militari diversi. La Francia, che allora disponeva del miglior esercito del mondo, fu una delle nazioni a credere maggiormente nell’arma aerea e concluse il conflitto con circa 4.500 apparecchi, contro i 140 di cui disponeva all’inizio della guerra.
Stemma della Regia Aeronautica (1923 - 1943)
il Generale Giulio Douhet
Ma la Prima Guerra Mondiale determinò la nascita di un tipo particolare di aereo: il caccia. Come ho scritto sopra, il ruolo dell’aviazione prima del 1914 era essenzialmente strategico, ovvero per ricognizione e secondariamente per bombardamento (la struttura in tubi e tela e i motori poco potenti non consentivano il trasporto di un carico di caduta significativo). Inoltre, l’armamento di lancio (per attacco e difesa) era costituito dalle stesse armi di cui disponeva la fanteria, ovvero mitragliatrici di piccolo calibro montate fisse sull’ala (superiore) che non garantivano una buona mira. Nei ricognitori o nei bombardieri, era collocata anche una mitragliatrice in coda manovrata da un aviere mitragliere. I tedeschi con il Fokker E 1 (l’aereo pilotato dall’Asso Max Immelmann) introdussero le prime mitragliatrici sincronizzate sparanti attraverso il disco dell’elica. Quest’innovazione, all’apparenza banale, fu determinante: consentiva infatti al pilota di puntare e di sparare all’aereo nemico avendo la stessa visuale di cui disponeva per volare.
Torniamo in Italia: terminata la prima guerra mondiale, nei primi anni venti l’Aeronautica Italiana si distinse per i diversi record raggiunti (e alcuni ancora imbattuti). Questi primati, però, da una parte fecero acquistare una popolarità all’Italia che fu mondiale (la trasvolata atlantica di Balbo, i record di velocità dell’ SM 79 e del MC 72 per citarne alcuni), dall’altra defocalizzò l’obiettivo di avere un’ adeguata e moderna industria aeronautica, che purtroppo già soffriva della carenza di materie prime e di motori affidabili e potenti. Nel 1935 fu inaugurato l’aeroporto di Guidonia con annesso Centro Sperimentale di Volo, dal quale sarebbero dovute uscire le “innovazioni tecnologiche” di cui la Regia Aeronautica aveva disperatamente bisogno, ma così non fu. La natura “ministeriale” del Centro non fu in grado di depositare un solo brevetto: basti pensare che il Fiat G. 50 fu il primo aereo italiano dotato di carrello retrattile, ma tale “invenzione” non uscì certo da tale Centro… Inoltre, quanto sarebbe stato utile disporre di motori di adeguata potenza per i nuovi aerei che si stavano progettando, ma così non fu.
La guerra d'Etiopia (1935-1936) e la Guerra Civile Spagnola, dal 1936 al 1939, dove fu attiva l'Aviazione Legionaria, videro un largo uso di apparecchi a uso militare. Durante la guerra d’Etiopia, ovviamente, la Regia Aeronautica operò in totale supremazia aerea ed effettuò anche bombardamenti con sostanze chimiche, che erano vietate dalla Convenzione di Ginevra. Al conflitto in Spagna l'aviazione italiana partecipò con oltre 700 aerei e quasi 6.000 uomini: un considerevole spiegamento di forze che, contrapposto a una forza aerea nemica scarsa e poco agguerrita, falsò il giudizio positivo degli strateghi, che sopravvalutarono le effettive capacità degli aerei allora disponibili. Questo errore fu decisivo perché la Regia Aeronautica si ritrovò allo scoppio della seconda guerra mondiale con la maggior parte dei velivoli inadeguata e superata rispetto ai moderni mezzi alleati e con pochi mezzi economici per l'ammodernamento, causa il "dissanguamento" delle risorse in quei conflitti.
Solo verso la fine della Guerra in Spagna, gli Alti Ufficiali della Regia Aeronautica compresero che erano necessari nuovi caccia più maneggevoli, ad ala monoplana con carrello retrattile e con abitacolo chiuso. Il nuovo apparecchio, il Fiat G.50, venne provato verso la fine della guerra nel 1938 ma non in combattimento e quindi i suoi limiti (scarse velocità, manovrabilità ed armamento) emersero solo due anni più tardi. Inoltre, nel cosiddetto Programma R (Rinnovamento), iniziato nel 1936 e da attuarsi entro il 1940, c’era una notevole sproporzione tra caccia e bombardieri, a favore di questi ultimi. Tale sproporzione era fondata sull’eccessiva confidenza nelle doti velocistiche degli S.M.79, dei B.R.20 e dei futuri CANT Z.1007, irraggiungibili da un Fiat C.R.32 (ma già alla portata dei caccia stranieri di nuova generazione), che facevano ritenere tali apparecchi in grado di rivestire il doppio ruolo di bombardiere e caccia bombardiere veloce, rendendo inutile l’appoggio dei caccia. L’altro errore commesso dallo Stato Maggiore (se di errore si tratta e non invece di italica “accondiscendenza” o di “favoritismo”) fu quello di disperdere la forza aerea tra troppi tipi differenti di apparecchi per le varie specialità, che ovviamente rendevano problematica un'efficiente industrializzazione, la gestione logistica di pezzi di ricambio e un’uniforme formazione specialistica, tutti fattori negativi che si sommavano alla ben nota carenza di materie prime.
Il Macchi Mc 72 detentore del record imbattuto di velocità per idrovolanti esposto nel Museo di Vigna di Valle
Un S 55 della Trasvolata Atlantica di Balbo nella Rada di New Orleans
Un S 79 in livrea "civile" esposto nel Museo Gianni Caproni di Trento
Un Fiat G. 50 che doveva essere impiegato nella Guerra Civile Spagnola (con abitacolo chiuso)
Un anno prima del Fiat G. 50, ovvero nel 1937, aveva fatto il suo primo volo il Macchi Mc 200. Sia il G 50 che il Macchi C 200 rispondevano a una specifica del Ministero dell’Aeronautica del 1936 che richiedeva un caccia monoplano ad ala bassa, con carrello retrattile, che raggiungesse una velocità di 500 Km/h e che adottasse il motore radiale Fiat A. 74, che a sua volta era un motore originato dal Pratt & Whitney Wasp americano, modificato per soddisfare le esigenze produttive “autarchiche”. La Macchi aveva affidato il progetto del Mc 200 all'ingegner Mario Castoldi, che applicò la formula già sperimentata sull’idrocorsa M 39, vincitore della Coppa Schneider nel 1927 e poi nel 1931 con il MC 72 (fuori concorso), con il suo record di velocità tutt’ora imbattuto. Castoldi avrebbe voluto già utilizzare un motore in linea, come poi fece sul 202, ma la produzione motoristica nazionale era orientata verso i radiali (costruiti su licenza) e motori in linea di adeguata potenza non erano disponibili. Nonostante la scarsa potenza del motore e l’armamento (le solite due Breda-Safat da 12,7 mm sparanti nel disco dell’elica), il Macchi si rivelò superiore al Fiat. Era più manovrabile, più veloce, ma era difficile nel pilotaggio per la sua tendenza ad entrare in autorotazione a seguito di una virata stretta, particolarmente a destra. Lo stesso difetto, seppur in misura minore, era presentato dal Fiat G. 50 e quindi i piloti continuavano a preferire i biplani come il Fiat CR 42, più lenti ma più stabili e facili da pilotare. Il difetto del Macchi provocò due incidenti mortali e nel 1940 le consegne e i voli furono sospesi. L’ing. Castoldi si mise quindi a lavorare su una nuova ala, che sarà poi adottata dal 202; bastò però un “semplice” accorgimento trovato dall’ing. Stefanutti della Ambrosini, consistente nell’applicazione di strati di compensato di balsa al centro e alle estremità alari, per ridurre notevolmente il fenomeno e il Macchi 200 fu finalmente in grado di essere utilizzato con successo, anche contro l’avversario Hurricane. C’è da dire anche che, rispetto al caccia inglese, la corazzatura del Macchi era decisamente scarsa e quindi i piloti erano più a rischio; laddove si interveniva con piastre di rinforzo, poi, riequilibrare i pesi aggiunti risultava un difficile compito.
Il prototipo del Macchi Mc 200 in volo (notare la cappottina chiusa che sarà modificata - resa aperta - per gli esemplari di serie)
La nascita e l’impiego del “Folgore”.
La Commissione di Valutazione della Regia Aeronautica che ebbe l'incarico di valutare gli aerei da caccia della cosiddetta "prima generazione" (Macchi C.200, Fiat G.50, Reggiane Re.2000, Caproni Vizzola F.5), concluse la sua relazione finale del settembre 1939 auspicando, per la generazione successiva, l'adozione di motori in linea raffreddati a liquido, in modo da ridurre la sezione frontale degli aerei e aumentarne le prestazioni. Nello stesso anno, l’Alfa Romeo acquisì dalla Daimler la licenza di costruzione del DB 601A, il motore a 12 cilindri in linea che equipaggiava l’ottimo Bf 109 E della Messerschmitt, con potenza intorno ai 1.100 cv (1175 cv al decollo). Il DB 601 era un motore modernissimo per l’epoca, perché l’iniezione di benzina gli permetteva un funzionamento regolare sia alle alte quote che durante le manovre di disimpegno e le picchiate, a differenza dei motori inglesi della Rolls Royce che funzionavano a carburatori, più sensibili alle variazioni di quota e quindi di pressione. La versione successiva del 601, la N, era dotata di compressore volumetrico e di nuovi iniettori che gli consentivano di raggiungere i 1200 cv in volo e anche di superarli per brevi periodi con l’iniezione di protossido d’azoto. Poiché l’Alfa Romeo potè produrre i DB 601A “autarchici” solo nel 1942 (con la denominazione RA 1000 RC.41), i primi esemplari del MC 202 montarono, per le prove di volo e successivamente per l’impiego, i 601 tedeschi “ricondizionati”, ovvero motori provenienti dall’uso operativo sui caccia Messerschmitt, poi ceduti alla Macchi. In tutto i DB 601 originali furono 419. Poi l’Alfa nello stabilimento di Pomigliano d’Arco avviò nel 1941 la realizzazione dei motori con parti realizzate in Germania e l’anno dopo con materiali realizzati in loco. Data l’inferiore qualità dei metalli utilizzati, a causa dei processi industriali meno sofisticati, i motori “autarchici” furono meno affidabili e potenti degli originali tedeschi.
l'Alfa Romeo RA 1000 RC 41
Il prototipo del Folgore volò il 10 agosto 1940 e i primi esemplari arrivarono ai reparti alla fine di luglio - inizio di agosto del 1941 con le insegne del Cavallino Rampante (la regola con la quale si sostituivano gli obsoleti e lenti Fiat CR 42, i G 50 e i dignitosi ma poco stabili Macchi Mc 200 con i nuovi Mc 202 prevedeva che i nuovi apparecchi fossero assegnati prima a quei reparti che si fossero maggiormente distinti in azioni di guerra). Il caccia dimostrò di avere ottime caratteristiche di velocità e manovrabilità, adeguatamente armato con due mitragliatrici da 12,7 mm sparanti attraverso il disco dell’elica e due da 7,7 mm nelle ali (che spesso venivano rimosse su richiesta dei piloti perché riducevano la maneggevolezza). Le sue doti principali erano la manovrabilità e la robustezza, che consentiva ai piloti di lanciarsi in rapide picchiate per sfuggire agli inseguitori senza temere danni strutturali. Le sue ali di ridotta superficie non gli consentivano però di raggiungere quote elevate e quindi risulterà poco adatto alla intercettazione dei bombardieri B 17, che erano in grado di volare a 30.000 piedi (circa 10.000 metri), anche per la scarsa potenza delle armi da lancio, poco efficaci contro la pesante corazzatura delle “Fortezze Volanti”.
Il prototipo del Macchi Mc 202
L’impiego operativo su larga scala del 202 avvenne sul fronte Africa Settentrionale insieme ai Bf 109 E 7 Trop come Macchi 202 A.S. (con filtro antisabbia Corbetta e blindovetro); rispetto all’Hurricane o al Curtiss P 40 era superiore per velocità e agilità e negli scontri con questi caccia usciva quasi sempre vittorioso. Con lo Spitfire Mk Vb, il 202 si muoveva ad armi pari come velocità e agilità, ma il divario di potenza di fuoco si faceva sentire (lo Spitfire disponeva di 4 mitragliatrici Browning da 7,7 mm e di 2 cannoni Hispano da 20 mm). I cannoni dello Spitfire erano particolarmente devastanti in caso di conflitto a fuoco: non sono stati rari i casi di esplosione in volo del 202 per effetto del tiro degli Hispano che, disponendo di una gittata superiore, rendevano di fatto inefficaci le Breda Safat da 12,7 mm che il 202 poteva contrapporre. Purtroppo la cellula del 202 non consentiva di aumentare il calibro delle armi sulle ali, troppo sottili per ospitare mitragliatrici da mezzo pollice né di adottare, al pari del Me 109, un cannoncino sparante attraverso il mozzo dell’elica. Un altro minus dell’impiego operativo del 202 fu la radio: la qualità dell’apparecchio ricetrasmittente Allocchio Bacchini era talmente scarsa, producendo continui e fastidiosi rumori o scariche, che i piloti preferivano tenerle spente. La mancanza di contatto radio costringeva i piloti a formazioni molto serrate per rimanere in contatto visivo comunicando con il movimento delle ali, ma li rendeva facile preda in caso di attacco massiccio da parte del nemico. Infine, il problema maggiore per il 202 sul Fronte Africano e successivamente su quello continentale, era la scarsità di rimpiazzi causata dalla poco efficiente industria bellica italiana e ben presto l’inferiorità numerica condizionò il rapporto tra le parti a sfavore degli aerei della R.A.
Dopo l'8 settembre alcuni Mc 202 presero le Insegne dell'Aeronautica Cobelligerante e dopo la guerra i pochi superstiti furono incorporati nella nascente A.M.I.
Un esemplare di Macchi MC.202 è conservato presso il National Air and Space Museum a Washington.